Atreju, la festa dei Fratelli d’Italia, è durata una settimana: piena di personalità e stracolma di giornalisti che volevano sentire Giorgia Meloni, la premier incensata dall’Europa, dagli Stati Uniti e dall’Argentina. Fu vera gloria? Questo lo dirà il tempo o, per usare un termine caro al presidente del consiglio, sarà la storia a rispondere con un si o con un no. Per il momento Giorgia governa da più di due anni e il suo esecutivo è stabile più di quello di Germania e Francia. Un particolare che nessuno si sarebbe aspettato.
Comunque sia, anche in questo caso, sono state le polemiche il sale della manifestazione. Gli esponenti del partito di maggioranza respingono un’accusa del genere e rispondono a tono: “La sinistra non sa a quale santo rivolgersi e parla tanto per parlare”. È pur vero, però, che nemmeno in questa circostanza si è creato un clima di distensione tra maggioranza e minoranza. Fin dalle prime giornate sono volate critiche violente che non hanno risparmiato nessuno: in primis, naturalmente, Giorgia Meloni.
Una kermesse inutile, si è detto: uno spreco di danari, mentre il Paese langue e il bilancio presenta cifre che non lasciano tranquilli.
Elly contro la premier, la Meloni contro Romano Prodi e Maurizio Landini. Il primo per aver detto peste e corna del governo; il secondo per aver organizzato scioperi continui che in altri periodi non si pensavano nemmeno. L’obiettivo, in fondo, è uno ed uno soltanto. Si fanno le barricate e dilaga l’ostruzionismo perché l’opposizione non ci sta ad aver perso le elezioni. Ci prova in tutte le maniere per screditare la premier, ma la verità è che la luna di miele con gli italiani non è finita. Malgrado i sondaggi siano piuttosto chiari, Il Pd e i 5Stelle (oltre ai Verdi, un cespuglio minore) ogni giorno ne pensano una per screditare Palazzo Chigi e dintorni. Non si servono soltanto dei loro cavalli di battaglia come il salario minimo e il problema dei migranti.
Ricordano il conflitto con un altro potere dello Stato, la magistratura, i contrasti più o meno velati con il Quirinale, la figura barbina fatta con l’iniziativa albanese. Tutto fa brodo e non sono pochi quelli che ritengono che la maggioranza non riuscirà ad arrivare alla fine della legislatura. “Si illudono”, replicano a destra: “Si arrampicano sugli specchi e non offrono al Paese uno straccio di programma”. In effetti non è che il campo largo figuri come un’alleanza vincente. Tutt’altro. Giuseppe Conte continua a giocare su due tavoli: un giorno con il Pd; l’altro affermando che nessun patto è possibile se si fanno solo chiacchiere. L’avvocato del popolo non si tira indietro: “O si stabilisce tutti insieme una iniziativa degna di questo nome, altrimenti sappiano i nostri amici di sinistra che non siamo disposti a fare i cespugli di nessuno”.
Più chiaro di così! Meglio cambiare cavallo pensa la Schlein anche se in cuor suo non molla l’idea di fondo che persegue da tempo: creare una alternativa unitaria, l’unica in grado di battere il governo attuale. Come fare per tenere sempre desto il contrasto con Giorgia Meloni e i suoi alleati? Eccolo il ritrovato vincente: richiamare all’ovile i “padri” del passato. In primo luogo, Romano Prodi, l’unico ad aver sconfitto per ben due volte Silvio Berlusconi. Ma ritornare ai vecchi tempi non dà grandi risultati: la gente dimentica, forse ha in mente soltanto la grande Dc riuscita per anni a tranquillizzare l’Italia e a farla crescere. Per il resto, si fa cilecca, anche perché la Meloni, una volpe della politica, sa come replicare agli uomini che lei ben conosce.
La festa finisce tra scossoni e polemiche che non scemano. Gli italiani ci sono abituati: non abboccano più e vogliono fatti, non chiacchiere. È il voto popolare l’unico che può decidere il pro e il contro. Lo sappiano destra e sinistra e non lo dimentichino.