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Attacco al governo, Almasri Meloni & C. ha un precedente, Renzi: andiamo alla ricerca del Gran Burattinaio

Il caso Almasri per cui risultano indagati i vertici del governo italiano non è una novità.

Nel 2016 mentre l’italia si preparava ad un referendum fine di mondo c’era un altro urticante, per alcuni, Premier, Matteo Renzi. Scoppia il famoso caso Consip, e a Renzi gli indagano la famiglia.

Il motivo dall’attacco, che si è concluso dopo anni in un nulla giudiziario, fu il referendum o altre lotte di potere? Chi l’ordì, e a chi giovava, cui prodest? Sempre Prodi che da Renzi fu impallinato per il Quirinale?

Cosa stava facendo Renzi, a chi aveva pestato i piedi? C’entra niente la volontà di Palazzo Chigi del tempo di mettere sotto gerarchia politica i Servizi?

Almasri ritorno al futuro

Attacco al governo, Almasri Meloni & C. ha un precedente, Renzi: andiamo alla ricerca del Gran Burattinaio (foto Ansa-Blitzquotidiano)

Dopo anni sembra che il problema ritorni, come un reflusso gastroesofageo di questa strana Repubblica democratica, o presunta tale.

La Belloni si dimette irritualmente in anticipo, probabilmente era in mezzo ad una linea del fuoco incrociata, tra la volontà di Mantovano, il sottosegretario indagato con delega ai Servizi, di rendere più affidabili le strutture di sicurezza dello Stato e un “deep state” che da anni, da Tangentopoli e dalle stragi del 1992, vive di vita autoreferenziale, come fosse un organismo indipendente.

Se si toccano alcuni fili, da sempre in questa Repubblica si salta, fisicamente, come è successo a Moro, Mattarella, o in altra maniera. Ovviamente questi mondi sono impalpabili, ma il clima che si respira sembra quello dei tempi della P2 e di Maletti.

Mentre in America Trump giura di rivelare i segreti di Stato inconfessabili, in Italia, paese confessionale, le lotte non sono mai alla luce del sole, anche quando i politici gridano ai complotti.

Meloni sotto pressione

La Meloni sembra sotto pressione, da lei evocata, da alcuni ambienti, con messaggi obliqui su familiari e sodali, ormai da tempo.

Ma gli avvertimenti evidentemente non avevano smontato la sua tigna e la regia di Mantovano era andata avanti. Il giorno dopo l’avviso di garanzia, atto dovuto,  più eclatante della Repubblica, in Calabria, guarda caso, terra di Li Gotti ma non solo.

Gratteri fa un’altra delle sue solite maxi retate, tra massoneria, politica e sicuramente ‘ndrangheta. La Storia, le storie personali di Stato ed Antistato, passano sempre da alcuni posti.

Molti si domandano una cosa chiara come il sole per chi è nato dai due lati dello Stretto. Ma Li Gotti a chi “appartiene”, a chi si può ricondurre, quest’uomo dalla carriera e dai rapporti stranissimi, al centro di procedure dove la linea di confine tra Stato e Antistato si confondono.

Perché a quelle latitudini non si è così liberi, a qualche entità si è ricondotti. È solo la sete di giustizia di un cittadino al di sopra di ogni sospetto? Andreotti romano come la Meloni avrebbe risposto a tappo che a pensar male si fa peccato, però.

Così avrà pensato la Meloni, la più pratica ed andreottiana dopo il Divo Giulio. Solo che per convenienza politica e mediatica non può colpire nel buco nero, non può catturare il Voldemort della Repubblica, e trova un nemico trasparente alla luce del sole, da narrare senza dichiarare altre cose, più pericolose, la magistratura italiana.

E ci aggiungiamo pure Prodi, la sinistra cinghia di trasmissione della sovversione giudiziaria. Senza la sovversione di Tangentopoli non avremmo avuto Berlusconi, ma nemmeno Prodi.

Gli italiani non capirebbero altro, bisognerebbe fare, politicamente una commissione d’inchiesta, l’ennesima, senza raggiungere alcuna verità. Al tempo del web meglio una lapidaria e semplificata narrazione social, che chiunque può condividere e postare. Il “gomblotto” deve avere un nemico chiaro, identificabile, non hanno fatto sciopero contro il governo?

Loro sono i mandanti, invece di essere i confusi postini. Chi c’è dietro Li Gotti? Nessuno, rispose il più furbo di tutti, prima di andare ad Itaca, dove trovò i Proci, non Prodi, per quanto antico.

 

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Giovanni Pizzo