Autonomia regionale, che folle idea. Ebbene si, lo confesso. Sono calabrese, vale a dire un terrone secondo una definizione non proprio benevola nei confronti della gente del sud.
Debbo dire con estrema franchezza che sono pieno di dubbi da quando il ministro Calderoli ha presentato il suo disegno di legge sull’autonomia delle Regioni. Si tratta più precisamente di differenziare la Lombardia e il Veneto dalla Puglia e la Calabria. Più danaro alle prime, meno alle seconde. Allora? Il ministro assicura che non si creeranno cittadini di serie A e B, ma, al contrario, tutti diventeremo più ricchi. Per sostenere la sua tesi, Calderoli è andato anche in Calabria per parlare con il presidente Occhiuto e i suoi principali collaboratori.
Mai serie A e serie B: lo ha ribadito anche il presidente del consiglio che non accettertebbe in alcun modo una simile differenzazione. “Ci mancherebbe altro”, ha esclamato. “Gli italiani debbono essere uguali in tutto e per tutto”. Calderoli si dice convinto che alla fine la sua iniziativa avrà successo. La spinta del Nord aiuterà anche il Mezzogiorno e a chi gli chiede come può accadere questo se gli aiuti avranno un carattere diverso spiega: “Vedrete che in fondo avrò ragione”.
Con tutto il rispetto che si deve ad un ministro della Repubblica italiana, mi permetto di dirgli che a proposito ho molti dubbi e perplessità. La matematica non è un’opinione per cui se tu dai 100 euro ad una persona qualsiasi, questi sarà certamente favorito a colui il quale ne vengono date 10. Ma non è solo questo il problema. Il gap tra Nord e Sud non è dei nostri giorni. Si tramanda di generazione in generazioni e non è stato mai risolto. Cavour, scrivendo al re dopo le vittorie e l’unificazione del paese scriveva: “Maestà, ora che abbiamo fatto l’Italia dobbiamo fare gli italiani”.
Questo divario non è mai stato risolto. A cominciare dall’istruzione, dalle classi elementari alle medie. I professori son mal pagati (come al Nord), spesso le famiglie non possono mantenere i loro figli agli studi, cosicché molti ragazzi si perdono e cercano un qualsiasi lavoro (quando lo trovano) che possa fargli guadagnare qualche soldo. E magari aiutare i genitori a mettere insieme il pranzo con la cena. Ecco perché poi, nei casi migliori, cioè quando si riesce a prendere una maturità o una laurea, si verifica quello che si definisce il viaggio dell speranza. Infatti, chi si “sistema” lassù non vuole più tornare. Insomma se ne vanno i migliori, quelli considerati i futuri cervelli e il gap non regredisce, se possibile aumenta,
Se poi, vogliamo parlare di un altro bene primario, la sanità, il discorso si fa ancora più drammatico. Esistono nel Mezzogiorno pochi ospedali e quelli che riescono ad andare avanti hanno apparecchiature desuete che non permettono a volte di raggiungere i risultati sperati. Un esempio emblematico: nell’alto Jonio cosentino, dove vivevano i miei genitori ed io con loro nelle lunghe vacanze estive, gli ospedali sono unn vero e proprio miraggio.
Se una persona non più giovane prende un infarto, il problema più urgente è quello di portare laddove dove lo possano curare. Ed in macchina (quando se ne ha una), ci vuole quasi un’ora per raggiungere il primo pronto soccorso: Se poi non sei il proprietario di un’auto e devi cercare un’ambulanza sono guai seri, perché in zona ne esiste solo una e spesso è già fuori per un’altra urgenza. Dice un giovane che non ha voluto emigrare. “In certi casi, è più facile trovare un posto al cimitero e prenotarsi in fretta”.
Al di là delle battute e del pessimismo più acceso, i problemi sono tanti e non credo che la legge del ministro Calderoli possa risolverli. Oddio, spero e mi auguro di sbagliarmi, ma come mai, allora, da decenni il Nord è il Nord e il Sud è il Sud? Auguriamoci che le parole di Giorgia Meloni (mai cittadini di serie A e B) vengano seguite alla lettera
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