Gioco del calcio, lo possiamo ancora chiamare così? No, meglio definirlo business. Non solo per la compravendita spesso oscura dei giocatori, ma soprattutto per il giro vorticoso di scommesse, le intromissioni di persone che non hanno a che vedere con questo mondo.
Ed infine l’atteggiamento del vertice del football europeo e mondiale che a volte non è chiaro, anzi è ambiguo
Leggiamo gli ultimi avvenimenti che riguardano il nostro football. La Juventus, la squadra più blasonata d’Italia ed anche quella che vanta il maggior numero di tifosi da Nord a Sud, viene condannata perché alcune fatture della società non sono del tutto trasparenti (usiamo un eufemismo). 15 punti in meno in classifica e addio sogni di gloria. Nè scudetto, né Champions League. Sbigottimento, incredulità, ma così hanno deciso i giudici che si occupano della materia.
Scendiamo più a Sud e fermiamoci all’ombra del Colosseo. In questa città c’è una squadra, la Roma, che non ne vuole più sapere del suo gioiello, al secolo Nicolò Zaniolo.
Perchè? Prima il campioncino afferma che il popolo giallorosso lo fischia e che quindi se ne vuole andare. La società lo mette sul mercato, si avvicina il Milan, ma le richieste per il giovanotto sono troppo esose. Si ritira e passa oltre. Allora, si cerca all’estero, ma l’unica squadra che risponde all’offerta è il Bournemouth relegato al penultimo posto nella classifica della Premier League.
Zaniolo risponde picche e la società afferma con il suo allenatore che lui non è più nella rosa dei titolari tanto è vero che non è con i suoi compagni negli impegni infrasettimanali. Non solo. La vicenda si tinge di giallo perché mentre una sera, sta tornando a casa, viene minacciato da un gruppo di individui che non gradiscono il suo comportamento. Polizia, momenti di angoscia, poi la “fuga” nella sua Spezia, dove pensa di trovare maggiore tranquillità.
Tutto questo per ricordare gli ultimi avvenimenti del calcio italiano. Si può ancora definire così o è meglio chiamarlo con il suo nome: business. Ormai non c’è più, tranne che in rarissimi casi, l’orgoglio della maglia, la gioia di difendere la squadra che ti ha appena acquistato. In un campionato, un giocatore può cambiare all’improvviso società e trovarsi nella partita successiva di fronte ad avversari con i quali fino a poche ore prima, aveva gioito, magari per aver segnato un goal. Ecco allora perché gli affari vengono prima delli sport. Ormai si è molto vicini ad un intrigo che non ha più niente a che fare con lo sport più amato dagli italiani.
Dunque, in un simile bailamme, chi ne fa le spese è la Nazionale, esclusa per la seconda volta dal campionato del mondo. Come mai? Basta leggere le formazioni delle tante compagini che militano in serie A (ed anche in B) e se ne avrà una spiegazione. Ormai i giovanotti che nascono nel nostro Paese e parlano la lingua italiana hanno poca possibilità di sfondare.
La ragione è presto detta: per motivi di cassetta ci si rivolge sempre più (durante la campagna acquisti) all’estero e andare alla ricerca di ragazzi pagati due euro e rivenduti a prezzi esorbitanti perché nel nostro campionato hanno fatto mirabilie. Tutto sacrosanto da un punto di vista economico, ma quando poi gli azzurri non superano le qualificazioni per partecipare al mondiale non si possono piangere lacrime amare.
Insomma, crediamo che si debba fare un passo indietro e tornare a quella regola che prevedeva non più di tre stranieri in formazione. Così, le nuove leve potranno dimostrare la loro bravura, essere chiamati a far parte della Nazionale e magari avere più possibilità di difendere il nostro calcio e partecipare con maggiori chances ad una kermesse mondiale.
Questo, però, non è un discorso che piace alle società italiane. Per loro è assai più comodo pescare all’estero un futuro gioiello e quindi non hanno la più pallida intenzione di ritornare al passato. La Nazionale può attendere, tanto i tifosi si accontentano di quel che passa il convento. E’ davvero poco, però con gli introiti delle tv e qualche colpo bene azzeccato in campagna acquisti i conti tornano e si è tutti felici e appagati. Il calcio èancora quello di una volta?
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