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Calenda, chi era costui? analisi amara della parabola del politico che “sa ascoltare solo se stesso”

Carlo Calenda chi era costui? A porselo questo perfido interrogativo è un gruppo di uomini politici (non pochi) che sfogliano le sue ultime performance e si chiedono ancora: “Possibile che questo sia il candidato che alle elezioni di Roma fece sfracelli?”

Naturalmente non sono suoi fedeli amici coloro che fanno questo commento. Però, a dire il vero, gli scettici che guardano con attenzione il curriculum sono perplessi. Perché le sue “capriole” sono state tante e allora, sostiene sempre chi non gli vuole bene: “È importante ricordare che chi semina vento raccoglie tempesta”

E’ doveroso fare un passo indietro, un flash-back al riguardo. Chi ha dimenticato il politico che a Roma, presentandosi come una nuova forza, seminò il panico tra gli avversari? I moderati e fors’anche una parte della destra più accomodante gli avevano regalato una quantità di voti. Tanto che lui, gongolante, aveva detto ai suoi più stretti collaboratori: “Questo non è niente, vedrete in futuro”.

Insomma, in molti ritenevano che fosse nato l’uomo nuovo del centro, capace di attrarre non solo i tanti assenteisti che non si erano recati alle urne, ma anche  coloro che non si volevano schierare né a destra, né a sinistra. Una nuova Democrazia Cristiana? No, per carità, il mondo è cambiato, c’è bisogno di idee nuove, di iniziative al passo con i tempi. Carlo Calenda era a mille, come è facile diagnosticare.

Però la sua stella durò lo spazio di un mattino. Subito dopo, infatti, per le elezioni del sindaco di Roma, molti che lo avevano preferito agli altri politici, furono delusi dalla scelta che aveva fatto dando la sua preferenza a Roberto Gualtieri.

Da allora sono cominciati i primi scricchiolii perché il Palazzo ricorda e non ammette giravolte. Il primo crack  lo ebbe quando voleva avvicinarsi a Enrico Letta, al tempo presidente del Consiglio. Il “patto di ferro” siglato dai due, venne spazzato via ventiquattro ore più tardi. “Niente alleanze con lui se di questo accordo fanno parte Nicola Fratoianni e Angello Bonelli”.

Letta non ci voleva credere, pensava che nel giro di una giornata o due tutto sarebbe rientrato nell’alveo. Nemmeno per sogno. 

Calenda, nella foga di arrivare in alto in fretta, si rivolse a Matteo Renzi. “Facciamo nascere un terzo polo, un partito che avrà una miriade di consensi e attirerà tutti coloro che in questa maggioranza non credono più”. Renzi accettò, anzi fece un passo indietro lasciando lo scettro del comando a Calenda.

Potevano camminare a braccetto due caratteri completamente diversi? I nemici, meglio gli avversari, si sedettero sulla riva del fiume certi che di lì a poco avrebbero visto i leader del Terrzo Polo nuotare con difficoltà tra la forte corrente del biondo Tevere.

Ora di questa unione non parla più nessuno, se provi a porre domande di questo tipo a qualsiasi parlamentare avrai come risposta una risatina. “Si ha ancora il coraggio di definirlo Terzo Polo?”

Da quel momento in poi la discesa è stata ripida, tanto è vero che nessuno dà importanza alle idee ed alle iniziative di Calenda. Appunto, “chi era costui?”, avrebbe scritto Alessandro Manzoni.

La verità è che Azione, il suo partito, perde pezzi un giorno si e un altro pure. L’ultima a sbattere la porta ed a passare al nemico, e cioè a Italia Viva, è stata la parlamentare Naike Gruppioni. A coloro che le chiedevano perché prima di andarsene non avesse fatto almeno una telefonata al suo leader, ha risposto: “Credetemi, ci ho provato diverse volte, ma Carlo non ti lascia interloquire, sente solo le sue parole”.

Spiegazione dura che ha avuto nei Palazzi molti consensi. “E’ finito”, dice aspramente qualcuno. “Di lui non ci si può fidare. Questo è nei fatti”. Ma chi lo conosce bene sa qual è il suo cararattere e ritiene che molti si pentiranno e dovranno chiedergli scusa.  Sarà così? “Suvvia non scherziamo”, replicano gli avversari.

 

Bruno Tucci

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