Si è concluso il vertice di governo a Palazzo Chigi sul caso della giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta in Iran. La riunione è durata poco meno di un’ora. Presenti al vertice il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano, e i Servizi di intelligence.
Cecilia Sala, vertice a Palazzo Chigi
È chiaro, al momento, solo che l’Iran sta giocando la carta dello scambio con la liberazione del cittadino iraniano arrestato a Milano. Lo ha ribadito questa mattina l’ambasciatore iraniano in Italia al ministro degli Esteri, Tajani. Dagli Stati Uniti è giunta la richiesta tassativa di mantenere in carcere l’uomo, accusato di aver fornito tecnologia militare alla repubblica islamica, in violazione dell’embargo.
All’attenzione dei giudici della Corte d’Appello di Milano è giunto un documento trasmesso dalla giustizia americana, in cui si afferma che Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino arrestato a Malpensa il 16 dicembre scorso su richiesta degli Stati Uniti, è un soggetto pericoloso e che per lui è necessaria la detenzione in carcere.
No alla liberazione dell’iraniano arrestato
L’atto, di quattro pagine, è stato inviato per via diplomatica pochi giorni dopo l’arresto del 38enne iraniano, quindi prima dell’istanza con cui il difensore, l’avvocato Alfredo De Francesco, chiede i domiciliari. Oggi, la Procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, ha espresso parere negativo alla richiesta degli arresti domiciliari presentata dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabadi.
A decidere saranno i giudici della Corte d’Appello, tramite un’udienza che sarà fissata nei prossimi giorni. Nel frattempo, Cecilia Sala langue in isolamento in una prigione di regime a Teheran: dorme per terra, con la luce sempre accesa, e le hanno tolto perfino gli occhiali.