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Cervinia o Breuil? follia dei politici, residenti spaventati, esito ancora incerto di un tira e molla assurdo

Cervinia o Breuil? epilogo, forse, con retromarcia dei politici, di un tira e molla assurdo e fuori dal mondo.

Inaspettatamente, ma con il beneplacito di altri amministratori, il presidente della Val d’Aosta Renzo Testolin ha deciso di cambiare il nome ad una delle stazioni sciistiche più famose del mondo: Cervinia.
Forse non meritava più di essere conosciuta come la si chiamava da moltissimi anni? Assolutamente no. Allora per quale ragione?
Perché così decise il fascismo di italianizzare alcune località che non suonavano bene all’orecchio del deprecato ventennio.

Se è questo il modo di far dimenticare agli italiani una dittatura durata vent’anni è davvero incomprensibile.
Cervinia, decide la Regione Valle D’Aosta, si chiamerà Le Breuil, il suo vecchio nome, quello di un tempo che fu.
O forse, per un contentino, Le Breuil – Cortina.
“Vogliamo che svanisca ogni traccia di quel brutto periodo storico del nostro Paese”, si difende il governatore.
A quale prezzo? Gli abitanti di Cervinia (meno di mille) non sono dello stesso avviso.
Anzi protestano e dinanzi ai taccuini dei cronisti ed alle telecamere.
Anche il sindaco di Valtournenche (comune da cui dipende la frazione di Cervinia) fa sentire forte la sua voce.
E spiega come questa decisione danneggi in maniera assai grave l’economia della Valle.

Il sindaco in questione è una donna, si chiama Elisa Cicco, chiede al presidente Testolin un colloquio, un confronto politico a cui partecipino altri amministratori.
Ma in un primo momento non rivela ai giornalisti che quel giorno del decreto alla riunione comunale partecipava pure lei, forse la presiedeva.
Perché sono indignati i cerviniani? La ragione è presto detta: si perderanno migliaia di turisti che non ritroveranno più nella cartina geografica il nome di Cervinia.
Lasciamo andare l’Italia, è l’Europa il vero problema che assilla gli imprenditori locali.
Qui, in questo meraviglioso lembo di montagna, giungono a migliaia ogni anno per dimostrare i progressi che hanno fatto sugli sci, oppure confermare il loro alto livello sportivo.
Domani sarà così? Elisa Cicco, prima perplessa, deve ammettere alla fine che al “misfatto” ha partecipato anche lei.
Però, precedentemente aveva detto indignata: “E’ come se in ventiquattro ore di tempo parenti e amici dovrebbero essere costretti a chiamarmi con un altro nome, magari francesizzato. Che so io? Genevieve. Debbo però aggiungere che abbiamo avviato le procedure per tornare al passato. Se riusciamo a farcela non lo so. Però, sono dell’avviso che Cervinia debba rimanere Cervinia”.
Una marcia indietro che non si può chiamare altrimenti.

Scherzi e ironia a parte, il problema non è di poco conto. Quando si tratta di economia e di mancati guadagni si deve ragionare e lasciar stare vecchi retaggi che non hanno più nessuna ragion d’essere.
Si replica: “Si vuole con ciò cancellare l’eredità di un regime che non ci apparteneva”.  
Malcom X, non certo un uomo di destra, affermava: “La storia è la memoria di un popolo”. Non si può cassare con un colpo di spugna.

C’è poi da tener presente un’altra preoccupazione che assilla le poche centinaia di uomini e donne che abitano nella “vecchia” Cervinia.
La burocrazia che in Italia, e naturalmente anche in questa valle, ossessiona chi ci abita. I documenti da rinnovare, le varie carte che dovranno essere cambiate. Tanti piccoli ostacoli che non lasciano tranquilli e distraggono coloro che vivono di turismo e che a questo debbono badare principalmente.

Ascoltiamo ancora il sindaco: “Mi auguro che il tavolo che apriremo con il presidente Renzo Testolin porti ad un ripensamento. Magari ad una decisione che non dia scompiglio a noi cerviniani”.
Chi, invece, la pensa in altro modo dal governatore, lancia i suoi strali. “Se è così che si vuol combattere il fascismo, siamo lontani”, ripetono in coro. “Pensino di trovare strade diverse, non il cambiamento di un nome di un paese assai conosciuto in Europa e nel mondo”.
La polemica valica i confini regionali e arriva sino a Roma dove si affrontano come al solito Guelfi e Ghibellini.
I favorevoli al presidente della Val d’Aosta spiegano: “Che cosa c’è di strano nel comportamento di Renzo Testolin? Nulla. Da noi, nella Capitale, c’è ancora il Foro Mussolini, via dell’Impero, l’E42, il Ponte Littorio?”. No, sono scomparsi e nessuno ha mai contestato questa decisione”.
Non finisce così: a tarallucci e vino, perché se non si inventa quotidianamente un braccio di ferro nel nostro allegro Paese non ci si diverte. Invece di pensare alle grandi questioni che affannano l’Italia si battibecca se una località si chiama Pinco o Pallino.

P.s. Se vale il principio per Cervinia, come la mettiamo allora con Sabaudia, Latina ecc.?

Bruno Tucci

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