Cosa resta di Charlie Hebdo e di quel famoso slogan (Je suis Charlie) che sembrò accomunare tutto il mondo e non solo quello occidentale ? Ben poco, purtroppo.
Dieci anni dopo la strage che costò la vita a 11 persone, cui seguì l’uccisione di altre 5 nei due giorni successivi in episodi concatenati, rimangono le celebrazioni, sobrie per volere delle famiglie.
Ma la solidarietà è evaporata insieme con una visione condivisa di quegli avvenimenti. Dieci anni dopo, il mondo è cambiato, gli individui e i loro giudizi sono cambiati, la politica è cambiata: non siamo più tutti Charlie come nel 2015.
Je suis Charlie Hebdo, uno slogan vuoto
E’ una constatazione amara, ma nascondere la realtà sarebbe peggio. Dieci anni fa, l’orrore di quella strage, giustificata dai terroristi con la pubblicazione delle vignette che satireggiavano Maometto e l’islam, suscitò un’ondata di emozione e collera. L’11 e il 12 gennaio, almeno quattro milioni di persone sfilarono in tutta la Francia.
Nella sola Parigi furono due milioni, probabilmente di più. Per strada la gente applaudiva i 2.300 poliziotti che proteggevano il corteo, aperto dall’allora presidente, François Hollande, sottobraccio con Angela Merkel e attorniato da tutti i leader europei.
Con loro, in prima fila, non accanto ma a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, due persone: Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese, e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. La foto che li ritrae mentre sfilano nella capitale francese assomiglia a una foto color seppia, testimonianza di un’epoca lontanissima.
Troppe guerre
‘Je suis Charlie’ è diventato uno slogan vuoto. L’unità di dieci anni fa si è disgregata sotto il peso della guerra in Ucraina, degli attentati del 7 ottobre in Israele, della distruzione di Gaza.
A ciò si è aggiunta l’esplosione dei populismi, simboleggiato dall’arrivo al potere di Donald Trump per il suo primo mandato e accompagnato dalla crescita costante dell’estrema destra in ogni angolo d’Europa.
Dappertutto, gli immigrati sono diventati la causa di tutti i mali, in primis del terrorismo. E all’estrema sinistra, dietro il pacifismo diffuso e, in Francia, la lotta all’islamofobia, è cresciuto un umore fortemente antioccidentale e antidemocratico.
In dieci anni tutto è cambiato: la democrazia e i cittadini sono stanchi, le società rischiano di cadere nell’apatia, l’impegno politico e la sua caricatura, i ‘vaffa’ di Beppe Grillo, sono finiti nel dimenticatoio della storia.
Le commemorazioni per il decennale della strage di Charlie Hebdo, cui seguiranno in novembre quelle per il massacro al Bataclan e in altre zone di Parigi (130 morti), serviranno a poco. Certo, secondo i sondaggi i francesi restano attaccati alla libertà d’espressione e sostengono ancora il settimanale satirico.
Ma le minoranze sociali e religiose, i milioni di giovani figli nipoti e bisnipoti di immigrati, continuano a sentirsi esclusi, il voto xenofobo cresce, la politica è paralizzata, le armi sono tornate a parlare: lo spirito di ‘Je suis Charlie’ si è volatilizzato.