Alla vigilia dell’entrata in vigore dei dazi del 25 per cento contro Messico e Canada, e del 10 per cento contro la Cina, il presidente Usa Donald Trump ha sospeso temporaneamente le tariffe ai due vicini e alleati nordamericani, continuando a trattare con il gigante asiatico.
Il tycoon ha congelato i dazi per un mese al Messico parlando di una conversazione “molto amichevole” con la presidente Claudia Sheinbaum, che “ha accettato di inviare immediatamente 10.000 soldati al confine con gli Usa” con lo scopo specifico di “fermare il flusso di fentanyl e di migranti illegali” negli Usa. Nel frattempo, si cercherà di raggiungere un “accordo” tramite negoziati e con la partecipazione dei due presidenti.
Gli Stati Uniti si sono impegnati invece a combattere il traffico di armi verso i cartelli. “Abbiamo questo mese per lavorare e convincerci a vicenda che questa è la strada migliore da seguire”, ha detto Sheinbaum in una conferenza stampa.
Trump ha riferito di aver avuto una prima buona conversazione anche con Justin Trudeau, ma la svolta è arrivata solo dopo la seconda chiamata. A dare per primo la notizia della sospensione per 30 giorni dei dazi è stato lo stesso premier (dimissionario) canadese su X.
Il leader canadese ha messo sul piatto un piano da 1,3 miliardi di dollari per rafforzare i controlli al confine con “nuovi elicotteri, tecnologia e personale, un migliore coordinamento con i nostri partner americani e maggiori risorse per fermare il flusso di fentanyl, e circa 10.000 persone in prima linea”.
“Inoltre – ha spiegato – il Canada sta prendendo nuovi impegni per nominare uno zar del fentanyl, definiremo i cartelli come terroristi, garantiremo occhi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sul confine e lanceremo una forza d’attacco congiunta Canada-Usa per combattere la criminalità organizzata, il fentanyl e il riciclaggio di denaro. Ho anche firmato una nuova direttiva di intelligence sulla criminalità organizzata e il fentanyl e la sosterremo con 200 milioni di dollari”.
Trudeau comunque era pronto a una risposta simmetrica, colpendo in particolare i prodotti degli Stati repubblicani, mentre la provincia canadese dell’Ontario – la più popolosa del Paese, dove si trovano sia Toronto che la capitale Ottawa – ha annunciato che annullerà il contratto da 68 miliardi di dollari con Starlink, il servizio Internet via satellite controllato da Elon Musk, il “first buddy” di The Donald.
Le minacce di Trump hanno avuto l’effetto di solleticare l’orgoglio e il patriottismo canadese, con il boicottaggio di viaggi in Usa e di prodotti statunitensi. Fischiato anche l’inno a stelle e strisce in una partita di basket Nba e di hockey Nhl.
Porta ancora aperta sui dazi pure con la Cina, con cui Trump comincerà a trattare in queste ore per paura delle ritorsioni annunciate da Pechino: dazi al 10-15 per cento sul gas e carbone Usa e indagine su Google per sospetto di violazione delle leggi antitrust.
Nel contenzioso con il paese asiatico, il tycoon ha evocato anche il canale di Panama, che a suo avviso è finito sotto il controllo del Dragone, benché dopo la visita di Rubio il presidente José Raúl Mulino abbia promesso che non rinnoverà il memorandum d’intesa del 2017 per aderire alla Via della Seta cinese e che cercherà di aprire maggiormente agli investimenti Usa, compresi i progetti infrastrutturali. Trump ha annunciato una telefonata con Panama venerdì, minacciando che “o otterremo qualcosa di importante o ci riprenderemo il Canale”.
Il Telegraph ha intanto rivelato che il tycoon sta prendendo in considerazione l’idea di imporre una tariffa del 10 per cento su tutte le importazioni Ue, graziando forse la Gran Bretagna, nel più classico stile divide et impera.
“Tariff Man”, come si è autodefinito il presidente americano, ha lamentato “un deficit massiccio” di 350 miliardi di dollari e ha accusato il Vecchio Continente di aver “abusato per anni degli Usa”. “Ora vogliono fare un accordo, ma deve essere equo”, ha avvisato. Nella sua logica puramente commerciale, Trump vuole qualcosa in cambio anche da Kiev: “L’accesso alle terre rare in cambio del nostro aiuto”.
Il Wall Street Journal, nei giorni scorsi, aveva definito i dazi “la guerra commerciale più stupida”. Ora è arrivata una bordata anche dal Financial Times, che ha definito la guerra sui dazi “assurda” e “dannosa per l’economia e il potere diplomatico degli Stati Uniti”.
Ma esattamente cosa sono e perché Trump li usa come arma? I dazi sono una tassa che viene imposta sulle merci che entrano in un paese e che vengono prodotte all’estero.
Questo tipo di tariffe vengono imposte quando si decide di passare da un’economia aperta a un’economia chiusa e protezionistica. Nel passato, erano molto diffusi; a partire dal dopoguerra, grazie a diversi accordi siglati dall’Organizzazione mondiale del commercio, sono stati molto ridotti, specialmente tra paesi alleati ed economie complementari.
Gli Usa però, spesso li usano come arma per riequilibrare la loro bilancia commerciale. La Ue, ad esempio, esporta molto negli Usa, con l’Italia che è tra i primi paesi. Imponendo dazi, si negozia e si ottiene che gli stati esteri comprino più merci dagli Usa.
Questo tipo di tariffe doganali, però, sono anche un’arma a doppio taglio, dato che anche gli stati esteri possono imporre tariffe equivalenti che danneggiano l’economia del paese che ha innescato questa “guerra”.
Trump ha deciso di alzare la posta con determinati paesi per ottenere in cambio più acquisti di merci Usa ed anche per ottenere accesso a materie prime (guarda il caso delle terre rare presenti in Ucraina) che rendano gli Usa indipendenti dalla Cina.