Cosa succede in Italia? La mattina ti svegli, salti giù dal letto, sorseggi un buon caffè e leggi con attenzione i giornali. Campeggia sulle prime pagine il caso del generale libico Almasri, immediatamente seguito dal caso Meloni, dal caso Piantedosi, dal caso Nordio, dal caso Mantovano.
Perplesso ti chiedi: che caso sta succedendo in Italia? Avviene ad esempio che il Parlamento chiuda fino al quattro febbraio perché le opposizioni vogliono a tutti costi sapere dalla premier i segreti del torturatore di Tripoli.
O accade che ci si accapigli su una consonante: è stato un atto dovuto o voluto quello che ha riportato in Libia l’alto ufficiale libico?
Una consonante divide la nostra Italia
Non è solo una consonante ad essere determinante perché si nascondono in quella espressione pareri assai diversi e contrastanti.
O capita ancora che non si bisticcia solo fra maggioranza e opposizione, ma anche fra alleati.
Il Pd si interroga: svoltiamo al centro o lasciamo che Elly continui a portare il partito sempre più a sinistra?
Capita che il ministro Santanchè, rinviato a giudizio, non ci pensi nemmeno a dimettersi e pronunci una frase nostalgica: “Me ne frego di ciò che dicono sulla mia persona”.
Capita infine che nell’occhio del ciclone finisca pure l’avvocato Luigi Li Gotti, che con la sua denuncia ha fatto scoppiare il “mistero Almasri”.
Il panorama è completo, ma forse avrà la durata di un battito d’ali perché la notte porta consiglio e il giorno dopo si accende un’altra miccia che potrebbe provocare l’ennesimo incendio.
Non c’è mai pace
Non c’è mai pace in questo Paese. Si pensa più a mandare al tappeto l’avversario che al futuro delle nuove generazioni. Che Italia gli lasceremo?
Gli intrighi non sono fatti alla luce del sole, ma avvengono “underground”, di modo che si possano nascondere le magagne. Camera e Senato saranno deserte in questo weekend e anche oltre, ma nelle segreterie dei partiti il lavoro non ha un attimo di tregua.
Il lavoro? Definiamolo così per benevolenza. Pure a Palazzo Chigi il sostantivo vacanza è un ricordo, come lo è nel palazzo di via del Nazareno dove regna il Pd. Una “monarchia” che ha più sovrani da cui Elly Schlein si deve guardare perché la poltrona sulla quale siede traballa.
L’idea dell’ ex ministro Dario Franceschini prende piede e incuriosisce (si fa per dire) pure gli altri esponenti del fu campo largo. “Divisi, si vince”, sostiene con forza il Dc di un tempo.
Giuseppe Conte non vedeva l’ora di sentire parole così importanti. Ha sempre detto di essere un uomo di sinistra, ma indipendente. Abbasso i cespugli e le riserve, lui vuole essere un titolare.
Insomma, la voglia di centro aumenta e ad essa aderiscono, sia pure con sfumature diverse, personaggi di un certo rilievo come Romano Prodi e Graziano Del Rio. I quali chiamano al loro fianco Ernesto Ruffini, ex direttore dell’agenzia delle entrate.
Chi l’avrà vinta? Previsioni non se ne possono fare in un momento in cui non si vede la luce in fondo al tunnel. C’ è una sola certezza: quella che Elly Schlein non trascorre giorni tranquilli. Gli amici-nemici sono dietro l’angolo, pronti a pugnalarla alle spalle. Ma i conti si fanno alla fine e forse i vecchi notabili della Democrazia Cristiana non si sono ancora accorti che la segretaria è arrivata e gode oggi di ottima salute.
Per farla breve: non esiste al momento “un caso Schlein” che possa diventare di primo piano. Le beghe di rilievo sono altre e giungono sino a Tripoli passando prima per l’Europa.