“Mi spiace per i miei figli che crescono in un momento così difficile. Ma sto ricevendo chiamate di solidarietà da tutto l’arco parlamentare e questo mi rincuora”. Con queste parole al Corriere della Sera, David Parenzo, giornalista e conduttore di L’aria che tira su La7, commenta l’inchiesta sull’organizzazione estremista neonazista sgominata a Bologna dove è comparso tra le persone insultate nelle chat degli indagati. Informato direttamente dalle forze dell’ordine, Parenzo ha raccontato: “Mi hanno contattato le forze dell’ordine e sono stato rassicurato”.
L’indagine: un ritorno al passato inquietante
Alla domanda su cosa l’abbia colpito di più, Parenzo risponde: “È inquietante sapere che esistono ancora questi mondi e addirittura trovano un obiettivo nella premier Meloni. Un radicalismo così forte sembrava relegato al passato, invece si muove nel dark web e nelle chat. Le nuove tecnologie ahimè stanno aiutando questo clima a risorgere e a saldarsi con altri movimenti come quelli del fanatismo islamico, un aspetto molto preoccupante. Però dobbiamo anche ricordarci di una cosa”.
La fiducia nell’intelligence italiana
“La nostra intelligence funziona. Questo blitz dimostra che le strutture di protezione monitorano bene il fiume carsico dell’antisemitismo che scava nel profondo e riemerge in alcuni momenti tragici della storia mondiale come questo”, prosegue il giornalista.
L’antisemitismo oggi: un pericolo attuale
Parenzo si dice particolarmente colpito dal ritorno dell’antisemitismo: “Proprio il ritorno dell’antisemitismo. E aggiungo, che dovrebbe far riflettere tutti come il linguaggio da anni Trenta torni ad essere contemporaneo. Ho 48 anni e quando frequentavo il liceo pubblico a Padova nessuno mi ha mai chiamato ‘ebreo’, o peggio ancora ‘sionista’”.
La situazione, secondo Parenzo, è peggiorata dopo il 7 ottobre: “Tanti miei amici non girano più con la Kippah in testa. Anche i miei figli a scuola non portano più la divisa ed è difficile spiegargli cosa sta accadendo. Mi sono tornate alla mente le lacrime di mia nonna”.
Un ricordo personale
Parenzo racconta un episodio significativo della sua infanzia: “Avevo otto anni, eravamo andati al cinema. Ricordo ancora che film proiettavano: Nati con la camicia. Tornati a casa l’ho vista piangere. Le ho chiesto il perché e mi ha risposto che le avevano rubato il portafogli. ‘Non è per i soldi, ma perché dentro c’era una cosa molto importante’ ha detto senza rivelarmi cosa fosse. Tempo dopo seppi dai miei che nel portafogli c’era la stella gialla che le diedero nel campo di concentramento di Bergen-Belsen: la portava sempre con sé come un simbolo dell’umiliazione vissuta e in ricordo di quella tragedia. Come lei, anche io oggi fatico a trovare le parole per spiegare quello che stiamo vivendo”.