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Dazi, gabelle, euro, fiorino: la musica è sempre la stessa, a rimetterci siamo sempre gli stessi, i comuni mortali - Blitzquotidiano.it (nel dipinto di Caravaggio, Gesù sceglie Matteo, che di mestiere faceva il gabelliere)
Dazi, oggi come nel Medio Evo, quando l’esattore alla sbarra chiedeva: “Chi siete?… Cosa Portate?… Si, ma quanti siete?… Un fiorino!”
Nella guerra dei dazi fatevi una risata, vi conviene, perché tanto alla fine a rimetterci saranno sempre gli stessi, ovvero i comuni cittadini, ed allora tanto vale prenderla con filosofia.
È ormai chiaro a tutti, che là dove le mediazioni non andranno a buon fine, l’aggressiva politica dei dazi produrrà nuove crisi economiche che si sommeranno a quelle già in corso; ed è altrettanto chiaro che gli effetti non tarderanno a raggiungere i più fragili, quelli che vivono già dentro la precarietà.
Ma anche quelli che stanno un po’ meglio, si fa per dire, conosceranno un probabile peggioramento delle loro condizioni di vita. Per dirla in modo diverso, in molti scaleranno verso il basso, sempre più vicini alla povertà.
I dazi sono una minaccia per l’Europa

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E non conta se quest’ultimi abbiano votato per i sovranisti o per i progressisti, o se sono di sinistra o di destra. Le crisi economiche hanno sempre un colore nelle responsabilità di chi le ha prodotte ma sono incolore per quanto riguarda gli effetti: colpiscono tutti, a prescindere, non si fanno problemi.
L’Europa è forse la realtà che vive questa nuova fase con maggiore affanno.
Intanto perché l’economia dei Paesi che ne fanno parte ha conosciuto tempi migliori, e poi perché le teste che girano a Bruxelles sono molte, ed ognuna segue la propria idea. L’unità, ammesso che prima ci fosse, non è scontata, anzi, dubbi e sospetti prevalgono. Ma una cosa è certa: si dovrà giocare di fino, pronti al dialogo ma anche a far valere le ragioni di un’Unione che deve capire cosa vorrà fare da grande. Inevitabilmente l’Europa dovrà cercare un suo spazio nello scenario globale, con una postura chiara, fuori dalle ambiguità che invece la stanno caratterizzando.
Nella nuova era dei “bulli globali” occorre trovare un’autorevolezza che non può non prescindere dall’unità, da una comune visione che nelle diversità riesca a trovare il collante per procedere insieme. Il momento della verità per i leader europei si sta avvicinando, soprattutto per Meloni.
Il tempo della politica delle non scelte, che la Presidente del Consiglio ha caparbiamente portato avanti, scivola via inesorabile come sabbia nella clessidra. Purtroppo per il Paese però siamo in una posizione molto delicata, difficile, dove i nodi mai sciolti in politica estera pesano come macigni sulle spalle.
La difficile scelta per Giorgia Meloni
Se la Meloni si schiererà definitivamente con Trump saremo fritti e mangiati in Europa, ammesso che quest’ultima sopravviva; se al contrario rimarremo sulla via europeista addio alle importazioni italiane negli USA e saluti a tutti; e se rimanessimo nel mezzo continueremmo a non contare niente, come del resto è stato dall’Unità d’Italia ad oggi.
La Meloni ci ha spinto dentro una spirale dalla quale sarà difficile uscire? Forse sì. Per diventare mediatori a questi livelli c’è bisogno di un pedigree politico che noi non abbiamo.
“Chi siete?… Cosa Portate?… Si, ma quanti siete?… Un fiorino!”
Per fortuna che c’è la sinistra? Si, vabbè, fatevi pure un’altra risata, vi aiuterà a non farvi partire l’ennesima ulcera. Ve lo immaginate se fosse stata al governo una coalizione che va da Renzi fino a Fratoianni e Bonelli passando per il Movimento 5 Stelle? L’Ulivo in confronto era una coalizione di amiconi che la pensavano quasi allo stesso modo. Forse le coalizioni si fondono prima sulla politica estera, e solo successivamente su tutto il resto. A sinistra qualcuno lo sa, ma sembra non essere un problema.
Ed allora ragionano del “Lodo Franceschini”, rigettando una realtà che sembra quasi spaventarli. Romano Prodi sostiene che è dal confronto delle idee e dal dibattito con la base che passa la costruzione dell’opposizione al Governo Meloni per contendere, tra soli due anni e mezzo, la guida del Paese. Come non dargli torto. Il problema però è un altro. La sinistra ragiona e dibatte attorcigliandosi su se stessa, e nel mentre, la destra ci ha portato dentro un buco nero.
I buchi neri hanno un loro fascino misterioso, lo ammetto, ma, almeno finché non sapremo dove portano, forse è meglio rimanerne lontani. Già il fatto che si utilizzi il colore “nero” per nominarli non è certo motivo di ottimismo. Un buco “rosso” sarebbe stato diverso? Non direi. Ed allora, che fare? Avanti con il libero arbitrio, perché la politica italiana è questa, e la guerra dei dazi incombe: “Chi siete?… Cosa Portate?… Si, ma quanti siete?… Un fiorino!”