Destra e sinistra, che senso hanno oggi nel 2024? Populismo è davvero una parolaccia?Forse sono solo etichette per definire se stessi e gli avversari.
Ma possono generare una pericolosa confusione di idee e ideali. Una confusione che spiega almeno in parte i risultati elettorali in Europa negli ultimi tempi.
La mia impressione è che la sinistra abbia lasciato alla soi disant destra la rappresentanza dei ceti sociali più bassi.
Non basta chiamarla populista. Non puoi appellarti al popolo quando ti fa comodo e poi disprezzarlo quando manifesta le sue spinte naturali.
Questa in cui viviamo oggi è la forma più avanzata di democrazia che l’umanità abbia mai conosciuto.
Non era certo democrazia quella di Atene, dov’è poche migliaia di ricchi vivevano e decidevano sulla testa di 60 mila privi di diritti.
Ne era democrazia quella di Roma, dove 300 famiglie hanno fatto il bello e il cattivo tempo per mille anni, comprando l’acquiescenza degli umili con il reddito di cittadinanza (panem) e gli spettacoli gratis (tv commerciale, circenses).
Certo il popolo ha sempre avuto il suo peso. Enrico IV invocava una gallina nella pentola di ogni francese, il grande sultano ottomano Solimano andava travestito nel bazar di Istanbul per captare l’umore del popolo e quando ne colse i lamenti per le troppe tasse fece strangolare il gran vizir che le aveva introdotte. E furono proprio i mercanti del bazar di Teheran a mandare in esilio l’onnipotente shah di Persia Reza Pahlavi, avviando l’era degli Ayatollah.
Come si può constatare la realtà si presenta molto complessa, molto più complessa di quanto il rozzo gioco dei politicanti voglia rappresentarci.
DESTRA E SINISTRA, CHE DIFFERENZ C?E’?
Partiamo dalla nozione originale di sinistra. Al servizio delle classi lavoratrici che erano fatte dei più poveri, umili e quindi anche deboli.
Sinistra voleva dire fare crescere i figli della classe operaia per acquisire, attraverso lo studio, quello che l’educazione familiare non aveva potuto dare. Qui purtroppo si è registrato un grande fallimento della sinistra, non solo in Italia, i cui esponenti, troppo spesso figli di benestanti, non avvertivano quella esigenza. Risultato, in Italia, una massa di ignoranti e una scuola pubblica a pezzi, quella scuola pubblica che prima del ‘68 era di tale qualità da far chiudere tante scuole private.
Destra voleva dire partito dei ricchi e dei padroni.
Tutto si è ingarbugliato un secolo fa esatto , dopo la prima guerra mondiale e il suffragio universale maschile.
Fu paradossalmente un primo passo verso la democrazia, che si ingarbugliò con le speranze rivoluzionarie di ispirazione sovietica e la reazione fascista e nazista (che vuol dire nazional socialista, con una forte spinta socialista che Hitler gelo nella notte dei lunghi coltelli).
Che le forze di destra abbiano usato fascismo e nazismo per bloccare il socialismo è indubbio. Ma quello che è successo dopo il ‘22 in Italia e il ‘33 in Germania non è esattamente quanto sognava la destra.
L’avvento di una nuova generazione alla ribalta negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale non è merito di Mussolini o di Hitler, solo una coincidenza. Fu la crescita dell’Occidente fra le due guerre, crisi del ‘29 nonostante, a determinare l’ampliamento della classe media anche in Italia e in Germania.
Ma il passaggio dal medioevo ai nostri giorni postmoderni era ancora di là dall’essere compiuto.
Questo spiega il crescente successo elettorale del Pci in Italia fra il 1945 e il 1989.
In Germania il film è diverso perché diverso fu sempre l’atteggiamento verso il ceto operaio da parte delle classi dominanti fin dai tempi di Bismarck.
Questo spiega anche la differente adesione al terrorismo nei due Paesi.
Da noi la spinta del terrorismo si estinse un po’ per cause militari (via Fracchia) e giudiziarie (pentitismo), ma soprattutto in conseguenza di una anticipata redistribuzione di reddito che non c’era, cosa che ancora oggi grava sui conti nazionali (debito eccessivo e interessi).
La spinta verso il partito comunista si ridusse a un fisiologico 20 per cento dei voti un po’ per il fallimento del modello sovietico un po’ per il sostanziale miglioramento delle condizioni delle classi dette lavoratrici.
La trasformazione dell’Italia in questo poco più di mezzo secolo è stata straordinaria, anche se troppo spesso facciamo finta di niente.
Lo capì Luigi Tenco in una canzone degli anni ‘60: “Saltare cent’anni in un giorno solo/dagli aratri nei campi agli aerei nel cielo”.
In questo intervallo di tempo si è determinata la divaricazione fra la sinistra intesa come forza politica tesa al miglioramento delle classi lavoratrici e gli interessi delle stesse classi, a loro volta trasformate nella composizione e nelle condizioni di lavoro.
Da qui il primo segnale di crisi. Il partito nelle sue mutazioni nominalistiche e anche naturali trovava nuove ragioni di essere nella tutela dei diritti di minoranze oppresse.
Le masse, che non amano quelle minoranze, pensavano ai polacchi, ai romeni e agli africani che nella migliore ipotesi gli portavano via il lavoro, nella peggiore il portafoglio.
Vagli a dire che senza quei nuovi italiani il loro bel Paese tornerà come era prima del Mille o che mai i loro nonni in un’Italia autarchica proletaria e fascista mai si sarebbero potuti permettere baby sitter o badanti.
La sinistra classica si è buttata alla caccia dei voti del Meridione ma è difficile servire opposti interessi. E ha così abbandonato milioni di ex proletari al loro destino e alla rappresentanza politica di Lega prima e di Fratelli d’Italia poi.
Volete chiamarli di destra? Accomodatevi, è solo questione di etichette.