I vaffa sono stati oltre 46mila, una valanga: Grillo non c’è più, è stato abolito. Il garante? Una figura d’altri tempi che i 5Stelle non hanno intenzione nemmeno di ricordare.
Così, finisce un mito? Può darsi, però non è detto che il Beppe non trovi altri congegni: scomparire non è da lui.
Per il momento a trionfare è il presidente, al secolo Giuseppe Conte, l’avvocato venuto dal nulla proprio ad opera di colui che oggi è stato strabattuto e mandato a calci fuori dal Movimento.
Che dire? Il futuro è tutto suo, ma quale futuro? I problemi nascono oggi, le gatte da pelare sono tante a dispetto delle migliaia di voti che hanno premiato “il traditore”.
Gli interrogativi sono moltissimi. Primo: che cosa diventeranno ora i 5Stelle? Un partito, non c’è dubbio. Meglio, un partitino che si dovrà accontentare di qualche carezza che vuol dire poltrona. Niente a che fare con la valanga di preferenze prese all’epoca di Pier Luigi Battista e Luigi Di Maio.
Conte dovrà decidersi: a sinistra? D’accordo: in sintonia con il campo largo? Nemmeno per sogno, perché le sue ambizioni hanno un solo sostantivo: traguardo.
Per arrivare dove, se i voti non saranno più quelli di un tempo? Insomma, il “diplomatico” per due volte presidente del consiglio dovrà assoggettarsi all’evidenza dei fatti: essere un cespuglio e nulla più.
Quindi, vorrà rifarsi “comandando” senza ostacoli all’interno del suo ex movimento. Dopo di lui il diluvio. Nessun vice, nessun secondo, solo il primo, cioè lui.
I vecchi princìpi voluti e sostenuti da Grillo scompariranno in un amen se non sono già scomparsi. Sarà eliminato ogni scampolo di democrazia interna e la base dovrà accontentarsi di quelle poche briciole che rimarranno alle riserve, gli esponenti ridotti ad essere dei panchinari.
La base, il principio dell’uno vale uno, la regola proibita del terzo mandato, un summit che vede e provvede diventeranno soltanto un ricordo.
Stando così le cose, a dirigere l’orchestra dell’opposizione rimarrà soltanto il Pd con la sua segretaria. I cespugli rimarranno tali: gli altri componenti dell’equipe dovranno accontentarsi o morire. Compresi i Fratoianni e i Bonelli che raggiunto il 6 per cento dovranno fare i salti mortali per arrivare al sette.
A meno che non vogliano confluire nel partitone e seguire ordinatamente le direttive di Elly Schlein o di chi sarà al suo posto.
Il problema degli sconfitti, cioè dei grillini puri e duri? Questo si che è un mistero. Il Beppe nazionale, che per un certo periodo era diventato un divo della politica, non accetterà di essere mandato a quel paese senza reagire.
All’inizio con le carte bollate. Il simbolo, innanzitutto. Quello non glielo può togliere nessuno, è una sua invenzione, chi si può permettere di scipparglielo? Non sarà facile vincere questa battaglia dopo la cocente sconfitta subìta nell’assemblea costituente.
Ma ammesso pure che riesca a spuntarla, che cosa avrà in mente di fare? Di creare un nuovo movimento a sua immagina e somiglianza? I fedelissimi non lo abbandoneranno: Di Battista, Virginia Raggi, Toninelli, Fico e qualche altro saranno con lui.
Per approdare a che cosa? Ad inventarsi un “secondo cinque stelle” con le regole di un tempo ormai superate e forse nemmeno digerite da chi va a votare. Significa la fine di un’epoca? Probabilmente si, ma con una unica soddisfazione: quella di vedere Giuseppe Conte pietire da chi comanda un posto al sole o almeno nella penombra.