Due donne al comando: chi lo avrebbe mai detto in un’Italia accusata di “maschilismo acuto”? Sia a destra che a sinistra, nessuna eccezione. Una par condicio inaspettata.
Così da oggi Giorgia Meloni ed Elly Schlein combatteranno contro “l’uomo prepotente” che per anni ha impedito alle donne una giusta scalata. Ma la guerra non sarà solo di genere, ben altri sono i problemi che dividono le due leader. A cominciare dall’aiuto all’Ucraina. Armi si o armi no? Finora, tranne rare eccezioni, la maggioranza non aveva avuto titubanze a proposito. Con l’arrivo della nuova segretaria, i dubbi e le perplessità aumentano.
L’ala sinistra-sinistra del Pd vuole una rivoluzione a tutto campo e lancia le sue sfide. Nel Pd i moderati si interrogano e già qualcuno dice grazie e se ne va. E’ lex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni a dimettersi da via del Nazareno. Insieme con lui seguiranno il suo esempio altri ex dc che la pensano in maniera diversa dal nuovo vertice?
“Io sono una femminista, una donna che ama un’altra donna”: ecco la carta di identità della nuova segretaria che dimostra in modo inequivocabile quale sarà in futuro la rivoluzione nel Pd. Già si annunciano i primi distinguo: le due capogruppo alla Camera ed al Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, donne, non copriranno più quell’importante incarico.
Le sole a dir no (o quasi) alla inaspettata svolta? E’ troppo presto per fare previsioni e sostenere chi andrà via o chi salterà sul carro del vincitore. Sta di fatto che a sentire le prime parole di Elly non c’e da stare allegri: canne libere, patrimoniale, sequestro degli appartamenti sfitti. Non sono idee di una sinistra che vuol spostarsi ancora più a sinistra? A proposito qualcuno afferma che il nuovo Pd dovrà tenersi il meglio di prima, ma ad un tempo aprire le porte al meglio che mancava.
Che vuol significare? Gli occhi sono puntati sui “disertori” e su quanti vorrebbero sbattere la porta e andarsene da via del Nazareno. Per fare che? Le vie del Signore sono infinite e non manca chi è pronto ad accogliere questa pattuglia di moderati.
Tutti sanno chi è il papà buono del momento: è Carlo Calenda che approfitterebbe di questa mini scissione per aumentare i consensi (scarsi nelle ultime consultazioni) ed allargare il suo gruppo. Non si dimentichino poi i 5Stelle che per ora sono alla finestra pronti a lanciarsi su un Pd ancora lacerato e mangiarselo con un sol boccone.
Insomma la domanda che si pongono molti osservatori è la seguente: se ne va il Pd per far nascere un nuovo partito che con il vecchio ha soltanto il nome? Come è naturale: fra i due fronti è iniziata anche la battaglia mediatica. Due esempi per essere più chiari.
Ecco i “comunisElly” si scrive da destra mentre l’altra sponda continua a sostenere che due ministri, Giuseppe Valditara e Matteo Piantedosi, se ne debbono andare per come hanno affrontato i guai dei loro dicasteri. “Non si può regalare il buon senso alla destra”, accusano da sinistra” e la risposta è immediata: “dovete prima far passare il terremoto, poi, semmai penserete a riaprire il tesseramento come desidera la Schlein”.
Il Paese dunque non trascorrerà giorni tranquilli. Non è una novità, gli italiani ci sono abituati. Però, al contempo non bisogna dimenticare le necessità urgenti: il lavoro, la disoccupazione, i salari minimi, l’inflazione, i migranti (la strage di Crotone non deve essere scordata in fretta). Con Enrico Letta che lasciata libera la poltrona di via del Nazareno, osserva quel che accade e dice fra sé e sé: “Se non ho più quel posto debbo ringraziare Iddio”.
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