
Aspettando Giorgia, ecco i mille problemi che tormentano l’Italia: giovani, medici, caffè, ristoranti che chiudono (foto Ansa) - Blitz Quotidiano
È stato solo un brutto scherzo, si potrebbe scrivere. Lo tsunami: un venticello; la tempesta che avrebbe sradicato gli alberi: un piacevole ponentino; la bomba mediatica: un innocuo petardo; il terremoto finanziario: una semplice scossa di assestamento. Tutto rientrato: stop di 90 giorni per i dazi ordinati da Trump.
Insomma, è stato un brutto sogno che forse non lascerà il segno nemmeno fra tre mesi quando Donald potrebbe tornare a tuonare.
Le borse hanno una nuova impennata, Wall Street brinda e fa festa.
Meloni a Washington il giorno dopo

Dunque, alla fine aveva ragione la Meloni quando predicava la calma, il buon senso contro l’allarmismo. Invece, gli improperi non si contavano: “Spero abbia un sussulto di orgoglio”, le parole di Giuseppe Conte; “Dovrebbe parlare per l’Italia, non per se stessa”, aggiungeva Elly Schlein; Prenderà mai una decisione?”, tuonava la Appendino; il Pd, in coro: “Quando la premier dirà al Paese che cosa ne pensa dei dazi?”
Ancora oggi che Trump ha fatto una improvvisa retromarcia, le prediche non la smettono: “Che cosa andrà a fare Giorgia a Washington? Sarebbe chiudere la stalla quando i buoi son fuggiti”. “Come la mettiamo ora con la lista delle dei dazi che l’Europa era pronta a lanciare due giorni prima del suo volo per la Casa Bianca?”.
Genitore 1 e Genitore 2
Le critiche si susseguono anche se non hanno più senso, mentre si dovrebbe puntare il dito soltanto contro colui il quale ha provocato questo sconquasso.
“Chi cavolo è al governo qua”, grida il democratico Steven Horsford?” Doveva essere una manna dal cielo: per ora è stato un terribile momento che il mondo intero ha passato per colpa di chi forse non aveva capito che tutto poteva diventare un autogol.
Trump voleva ridisegnare l’ordine internazionale. Stop: ogni cosa rimane al suo posto, tranne che per la Cina che dovrebbe essere colpita da una “tassa” che vola al 125 per cento. Adesso che cosa succederà? Una cosa è sicura: la Meloni andrà alla Casa Bianca per parlare con Donald. “Il solito baciapiedi e null’altro”, insiste la sinistra.
Prima ancora che si conoscano i risultati di questo colloquio, l’opposizione incalza. “Contro il governo sempre e comunque”, si predica in via del Nazareno. Invece che pensare ai loro guai, i dem cantano un solo ritornello: è come se fossero prigionieri di una palude da cui non riescono ad uscire.
“La trasferta della premier sarà una trappola, la stessa in cui cadde Zelensky quando fu ricevuto alla Casa Ovale”.
Gli schiamazzi arrivano pure dalla Francia di Macron, il quale si dice stizzito dalla decisione di Giorgia. Si, proprio lui che vorrebbe mandare i soldati a Kiev e che andò anzitempo a Washington senza chiedere il permesso a nessuno.
I francesi strepitano come è loro consuetudine. Vorrebbero essere i primi in solitario senza avversari di nessun tipo. Al contrario, nella vita le sconfitte arrivano e si debbono accettare.
Prendete ad esempio il “caso” di Don Vincenzo De Luca che non potrà più essere il numero uno della Campania. Il governo della Regione era stato con lui, ma la Consulta ha accettato il ricorso del governo contrario al terzo mandato. Niente da fare, si ricomincia da capo e la mannaia cade anche sul capo di Luca Zaia, il presidente del Veneto che sarebbe rimasto volentieri a sedere su quella poltrona. Forse l’unico a godere sotterraneamente sarà Matteo Salvini che non nasconde la paura di essere battuto un giorno dal suo amico-nemico.
La sentenza della Corte Costituzionale non è stata l’unica a capovolgere le attuali situazioni. Pure la Corte di Cassazione ha fatto sentire forte la sua voce ribaltando una situazione che creerà non poche polemiche. Da oggi sui documenti di identità non ci saranno più un padre e una madre; ma un genitore 1 e un genitore 2. Chissà come li chiameranno i loro figli? Specificando il numero?
Un solo commento da parte di chi scrive: “Povera famiglia, dove è andata a finire!”