
Ecco perché fermare i raid sulle infrastrutture energetiche conviene sia a Kiev che a Mosca (nella foto Ansa una raffineria russa colpita da droni ucraini) - Blitz Quotidiano
Per 30 giorni verranno fermati i raid su infrastrutture e reti energetiche sia in Ucraina sia in Russia. Si tratta di uno dei (pochi) risultati ottenuti dalla telefonata tra Trump e Putin. La decisione forse era piuttosto scontata dato che conviene a tutte e due le forze in campo. Vediamo nello specifico perché.
Nel 2023 la Russia ha colpito soprattutto le reti di trasmissione ucraine, mentre lo scorso anno ha distrutto gli impianti di produzione che sono molto più costosi e richiedono anni per essere ricostruiti o riparati. Secondo una stima fatta nell’aprile 2024, gli attacchi hanno comportato tagli all’elettricità, al riscaldamento e anche all’acqua corrente per almeno 2 milioni di ucraini.
A questi attacchi, l’Ucraina ha reagito cominciando a colpire le tante raffinerie russe di petrolio. Gli attacchi sono un obbiettivo facile: in molti casi si trovano vicino al confine e sono grandi impianti che prendono fuoco facilmente non appena vengono colpiti dai droni.

Al di là dell’esplosione della carica portata dal drone, le raffinerie sono quindi un obiettivo di grande effetto dato che il petrolio è il cuore dell’economia russa. Colpirlo dà l’impressione di toccare un nervo molto sensibile e a Putin conviene che questi attacchi cessino almeno per poco tempo.
Dall’altra parte c’è invece un Paese stremato da tre anni di guerra. La tregua agli attacchi contro le sue infrastrutture energetiche può quindi far respirare l’Ucraina la cui rete di produzione e distribuzione dell’elettricità è ormai allo stremo.
Per comprendere quanto sia importante la questione idrocarburi basta ricordare infine un altro aspetto: Kiev ha interrotto il transito del gas russo sul suo territorio solo dallo scorso 1 gennaio, lasciando scadere dopo ben tre anni di guerra un accordo quinquennale firmato nel 2019.