Se improvvisamente, stanca ma soprattutto adirata, Giorgia Meloni perdesse la pazienza? Lo scenario che si aprirebbe sarebbe questo: governo in crisi, di nuovo alle urne, il Paese alle corde. Ecco quel che accadrebbe se Matteo Salvini e Antonio Tajani continuano a litigare mandando allo sfascio la maggioranza. Forse su questo punto i due vice premier non hanno riflettuto abbastanza. Entrambi si accaniscono l’un contro l’altro armati per non perdere il secondo posto in classifica, ma la realtà è ben diversa: perché in caso di un flop di chi governa, loro uscirebbero di scena. Addio vice premierati, addio ministeri di grande importanza.
Eppure, malgrado il loro futuro assai incerto (in caso di una sconfitta definitiva) continuano a litigare e a farsi gli sgambetti. E’ successo soprattutto con il canone Rai e poi con un emendamento sulla sanità in Calabria. Botta e risposta e maggioranza sconfitta. La verità è che si pensa solo al proprio orticello e non agli interessi generali. Il ministro degli esteri non può andare contro i desideri dei berluscones e di Mediaset.
Per cui quando si parla di Viale Mazzini e dell’abbonamento ha una sola linea: mai ridurlo perché le reti del Cavaliere subirebbero un danno se la visione tv dell’azienda pubblica venisse a costare in un anno una piccola manciata di euro. Allora? Si boccia il provvedimento e la minoranza esulta. Eddy Schlein non è nella pelle per la gioia: “Litigano e non governano”, urla a gran voce. “Sono allo sbando, sino a quando?”
E’ naturale che Salvini non può prendere un simile schiaffo (lui era per mantenere il canone a 70 euro) senza rispondere a tono. L’occasione è un emendamento sulla sanità in Calabria. Una occasione da non perdere. Un ceffone a Tajani, pari e patta, ma chi ne fa le spese è il governo che va sotto per la seconda volta in un solo giorno.
Paura di una crisi? Giorgia mantiene la calma: “E’ un inciampo che non giova a nessuno”. Poi, più ottimista aggiunge: “Sono solo schermaglie”. In verità non la pensa così. Il suo compito è quello di gettare acqua sul fuoco. Ufficialmente, perché in privato dovrà discutere con i suoi più stretti collaboratori e dir loro a brutto muso: “A che gioco state giocando? Badate bene che se il governo va in crisi il vostro futuro non sarà come il presente”.
In parole semplici, la premier prima di tirare le somme per una giornata infausta, usa parole di fuoco con chi vuole sbarrarle la strada con un atteggiamento suicida. Accortisi del pericolo, Salvini e Tajani cercano di fare un passo indietro. Il primo dice: “Non voglio litigare con Antonio, ma noi abbiamo promesso agli italiani di abbassare le tasse. Il canone Rai non è una tassa?”.
Tajani legge, sfugge alle domande che potrebbero aumentare il dissenso e spiega: “Da tempo si sapeva che Forza Italia sarebbe stata contraria. Se è così, di chi è la colpa? E’ naturale che a sinistra si facciano i salti di gioia. I più estremisti sostengono che il governo è all’angolo ed ha i giorni contati. Schlein è meno drastica: hanno imboccato una strada in discesa che sarà sempre più ripida. Però, anche tra i sostenitori dell’opposizione non si respira aria tranquilla. Chi è più falco della segretaria accusa: “Non ci fidiamo più delle parole se poi a Strasburgo Elly e Giorgia vanno a braccetto e votano per Ursula von der Leyen”.
Tra i più facinorosi, ecco spuntare i 5Stelle che, tramortiti dai fatti, cercano di arrampicarsi sugli specchi e puntano il dito anche contro la numero uno di via del Nazareno. Come può giudicare tutto questo la gente che dovrebbe scegliere? E’attonita, sbalordita. Vorrebbe comprendere e magari venire incontro a chi sta nei Palazzi. Ma la risposta del Potere non è adeguata e allora si sta da capo a dodici. Forse sarebbe auspicabile che le due donne più importanti del nostro Paese capissero la delicatezza della situazione e si comportassero in maniera diversa. Ad esempio, come hanno fatto quando si è trattato di votare per l’Europa.
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