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Elezioni europee 2024, 3 o 4 %? sogno di Renzi e Calenda, incubo di Salvini, Tajani (e Schlein), Meloni e l’Europa

Elezioni europee 2024. Intorno ad un piccolo numero si combatte già da ora la “guerra”. Potrebbe sembrare assurdo, ma non lo è perché la politica riserva sempre sorprese difficili da prevedere.

Il numero da tener presente è il 3. O se vogliamo essere precisi, il 4. E’ su questo binomio che si concentrerà da qui alla prossima primavera ogni discussione e dibattito che avrà come protagoniste l’Europa, il nostro Parlamento e le divisioni che aumenteranno con l’andare del tempo.

Cerchiamo di fare chiarezza anche se non è assolutamente facile. Si voterà con il sistema proporzionale, vale a dire saranno proibiti o inutili gli inciuci e le alleanze. In parole povere tutti contro tutti. Ecco dove nasce il problema: sullo sbarramento imposto dal quorum, cioè dai risultati che daranno le urne. Infatti, non si è promossi se non si raggiunge il quattro per cento. Il braccio di ferro è tra coloro che vorrebbero si diminuisse questo numero e tra quanti invece vogliono lo “statu quo”.

Perché tanta acredine? E’ semplice a parole, un po’ meno con i fatti. I partiti piccoli hanno paura di scomparire e cioè di non raggiungere quel quorum senza del quale si rimane fuori da Bruxelles. Allora cercano in tutti i modi di “favorire” l’agognato numero tre di modo che le possibilità di non uscire dall’Europa sarebbero assai di più. Non sono pochi i partiti favorevoli a questo cambiamento. Italia Viva di Matteo Renzi, lo stesso dicasi per Calenda, Qui Europa, i Verdi e altri che sono distanti anche da quella cifra più piccola.

Al contrario, le forze che hanno una maggiore consistenza sono di avviso contrario. La ragione è presto detta: hanno paura che i transfughi dell’ultima ora possano favorire “i più piccoli” e ridurre naturalmente le preferenze. Ad esempio, la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia, per ora sotto l’egida di Antonio Tajani. Entrambi temono che la voglia di Renzi di riportare al centro dell’attenzione gli scontenti (quasi una nuova Dc, cara ai più moderati) assottigliando il numero dei voti di chi si oppone senza se e senza ma.

Riappare dunque all’orizzonte il nome dell’ex presidente del Consiglio che una ne fa e cento ne pensa. Dopo la morte del terzo polo e il divorzio da Calenda, il nostro uomo cerca disperatamene di non uscire dall’agone politico. Chi conosce il suo carattere sa che non si dà per vinto. Renzi conosce a mena dito la politica ed è convinto che tra Forza Italia e la Lega non sono pochi coloro che contestano. Ai quali si possono aggiungere gli “avversari” di Elly Schlein, rea di aver sterzato  troppo a sinistra. Potete immaginare come ad un vecchio democristiano (iscritto ancora al Pd) possa andar bene questo nuovo andazzo della segretaria di via del Nazareno.

Renzi è più temuto di Calenda nella lotta per rimanere in Europa. Primo, perché l’ex premier conta più amicizie nel Palazzo; secondo, perché il buon Matteo travolge gli ostacoli anche di chi gli era più vicino pur di raggiungere il traguardo. Dunque, fino alla prossima primavera lo scontro sarà duro e non si ammetteranno sbagli di sorta. Da quelle elezioni dipende gran parte del futuro non solo dell’Italia.

Se, ad esempio, a Giorgia Meloni mancasse quel consenso che oggi ha fra gli italiani, dovrebbe navigare a vista, pronti come sono tutti i suoi avversari a “spararle addosso” (in senso politico s’intende). Poi, non bisogna dimenticare che cosa potrebbe avvenire nel vecchio continente se l’attuale maggioranza dovesse perdere. In quale direzione andrebbe l’Europa?

Allora, si può comprendere perché si è già iniziata la campagna elettorale e perché i partiti in Italia non hanno un attimo di tregua, mentre invece una pax a tutto campo potrebbe aiutare il nostro Paese a risolvere i tanti problemi che ancora l’attanagliano. Ma questo, probabilmente, rimarrà solo un sogno.

 

Bruno Tucci

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