
Elezioni Genova, porto e armi, un politologo giudica gli effetti di Trump -BlitzQuotidiano.it (foto ANSA)
Rapportiamo queste elezioni comunali “di bottega” a Genova rispetto a quello che sta succedendo nel mondo, chiedendoci se il grande impatto emozionale di un pianeta terra a una svolta epocale dei suoi equilibri influirà un po’ anche a casa nostra.
Non certo sulle scelte magari di un elettorato che parte molto distante, con questi tassi spaventosi di assenteismo dalle urne, ma sull’atteggiamento dei candidati, che chiedono un mandato popolare, sulla partecipazione, appunto, al voto in un momento di grande tensione, sui programmi di una grande città portuale e di grandi traffici internazionali.
Chiediamoci se i genovesi chiuderanno la porta e si concentreranno solo sui fatti di casa, su un’elezione chiave, quasi da laboratoroio, che già si concentra nello scontro tra l’avvocato Pietro Picciocchi, erede di Marco Bucci e da lui ancora sovrastato per il centro destra e la sorpresa Silvia Salis, piovuta dal cielo (?!?), atleta olimpica, dirigente Coni, di origini genovesi popolari molto sventolate, di bella presenza, ma anche di una iniziale durezza e decisione di esposizione e diversità di programmi per il centro sinistra ultra large.
Al quale scontro si aggiunge, sempre da sinistra, ma con il tono civico di chi vuol farla da protagonista, Filippo Biolè, avvocato molto impegnato, che corre con una spinta forte di originalità. E altri ancora si aggiungeranno. Da diverse sponde.
Genova nel giudizio di un politologo

In quali confini dunque? Ne parliamo con Giampiero Cama, professore ordinario di Scienza Politica all’Università di Genova, profondo analista dei fatti politici ovunque siano.
Alla domanda se questi grandi eventi mondiali, dal trumpismo dilagante, alla sua aggressività, agli squilibri geopolitici, all’Europa di fronte a scelte quasi drammatiche di riarmo e di riposizionamento globale, dei nuovi confini e equilibri che le guerre del mondo provocano, possono influire sulla nostra elezione genovese Cama mette subito tre puntini sugli i.
Primo: lo stile aggressivo, che sta dominando la politica mondiale e prende corpo sopratutto con Trump, la sua Casa Bianca e il suo iper alleato Musk, potrebbe avere una ricaduta nell’atteggiamento dei candidati , potrebbe avere un effetto contagio generale in un quadro di tensione che prende un po’ tutti. E’ una domanda a cui si possono dare diverse risposte.
Secondo: possono cambiare i contenuti dell’offerta politica genovese in un quadro così sconvolto, che è lontano ma provoca sicuramente spavento, tensione tra gli elettori. Ci potrebbero essere richieste più forti di pace e di interventi emergenziali su un’economia che in quanto globale riguarda anche la città, il porto, i suoi grandi traffici internazionali, le sue strutture determinate da questo quadro.
La patria di Leonardo – Ansaldo
Terzo: va considerato che “Leonardo”, la grande azienda parapubblica, che si occupa anche di armamenti, di tecnologie avanzate in ogni settore e quindi anche in quello bellico di sofisticati sistemi di difesa, ha la sua patria e la sua tradizione proprio a Genova. In quella che fu l’Ansaldo, la grande azienda allora di proprietà della famiglia Perrone, che costruiva armi e che, tanto per fare un solo esempio, nella guerra del 1915-1918 fornì all’esercito italiano i cannoni necessari per capovolgere il conflittto dopo la disfatta di Caporetto.
Leonardo ee non a caso proprio in questigiorni ha stretto unj accordo con il colosso turco Bakyar per la costruzione di droni,sotto la regia del ministro della Difesa Crosetto.
E poi i dazi, che Trump vuole imporci, potrebbero incidere molto sulle politiche del commercio, in una città che su questo ha costruito la sua storia……
Cama è convinto che stiamo vivendo in un vero “tornante” della Storia, che gli eccessi del trumpismo stanno facendo accelerare e che porta al distacco dell’ America da una politica di protezione europea e non solo, a una fine dell’atlantismo, che era in qualche modo già arrivata, ma che ora il presidente americano ha determinato potentemente con il ritmo quasi quotidiano dei suoi diktat.
“Europa arrangiati!” è un po’ la parola d’ordine di questo distacco, che pone al Vecchio Continente problemi veramente epocali.
Ma i segni c’erano già, anche con Biden e ancora prima con la presidenza Obama, sottolinea Cama. Il ritiro quasi affannoso dall’ Afghanistan e altre mosse indicavano il disimpegno Usa, che Trump ha esasperato e poi lanciato con il suo primo “America first” del primo mandato e ora nel secondo con tante decisioni esplosive.
Un altro aspetto che emerge e che può avvicinare gli eventi mondiali, ai nostri fatti italiani, ma anche a quelli genovesi, è la brutalità del presidente americano, della sua politica, dei suoi atteggiamenti .
Se la brutalità paga, la tentazione di usarla in politica può giocare un ruolo ovunque, anche in dimensioni nettamente minori. Zielensky si è piegato eccome a quella brutalità.
E allora cosa può capitare a noi? Che si adottino un po’ più spesso e un po’ più pericolosamente rapporti di forza anche in tante espressioni della politica. Cama cita un possibile effetto emulativo, ben inteso come rischio che corriamo già, se osserviamo il modo di muoversi, di parlare, di aggredire che usa spesso il ministro leghista Matteo Salvini, il suo tono, anche dentro alla sua maggioranza.
Certo è molto difficile tradurre tutto questo sulla scena delle nostre elezioni, per le quali la campagna elettorale è proprio ai primi passi.
Qui ben al di fuori di un paragone e di un effetto brutalista la campagna ha già caratteristiche nuove con la candidatura nel centro sinistra di Silvia Salis che sbuca a sorpresa, qualcuno potrebbe dire scelta con un criterio di tipo “talent”, come avvengono certe selezioni televisive.
Ex campionessa olimpica, atleta di lancio del martello, disciplina quanto meno rara e vice presidente del Coni in un vertice in cui spiccava il presidente Malagò, non figura secondaria in un certo jet set tra politica, affari, sport, perfino Olimpiadi.
Effetto sorpresa in parte simile a quello che nel 2017 aveva prodotto la candidatura di Marco Bucci, che era un manager di Liguria Digitale, con esperienze negli Usa e nessuna pratica politica.
Questi elementi di novità e in parte rottura di schemi “nuotano” in quel clima creato dal “tornante” della Storia, cui Cama accennava come una svolta choc, a pochi anni dall’altra svolta choc, che era stata la pandemia.
Quindi porsi il quesito se Genova sotto elezioni è blindata da un contro effetto dei grandi eventi merita una risposta molto attenta e ragionata, da aggiornare continuamente nel poco tempo che manca al voto genovese.
La ricaduta di questi eventi epocali o di svolte che impongono per esempio all’Europa scelte decisive sui suoi assetti, su un suo riarmo da 850 miliardi, su come reagire alla politica dei dazi, che Trump ci sta facendo piovere sulla testa, non può essere tanto lontana da come la campagna si dipana. Le politiche economiche, le politiche del welfare dovranno sicuramente essere riviste nel nostro Continente.
Per una città come Genova, la più anziana d’Europa e con un porto che sta per prendere nuove misure con la costruzione della superdiga, non sono fatti lontani e chi si propone per governarla non potrà esimersi, come se niente fosse.
Che succede se i dazi ci ammazzano e se i traffici si riducono? Come si misurano sulle novità, per esempio, i grandi progetti, le cosidette grandi opere che sono in costruzione, come la Diga, il Terzo Valico, la Gronda o che sono in itinere, come il Tunnel sub portuale, la funivia dal porto al Righi, lo Sky Metro?
Cama sottolinea come la reazione alle mosse brutaliste in Europa è anche di spavento, ma a livelli diversi.
Inghilterra e Francia in un’altra misura sanno già come organizzarsi di fronte a un riarmo o a una “militarizzazione”, resi necessari dai nuovi equilibri geopolitici. La loro tradizione storica, l’Impero, le Colonizzazioni hanno mantenuto nella loro costruzione dello Stato una condizione e in qualche modo una sequenza di reazione già pronta.
Margaret Tatcher mandò in quattro e quattr’otto una flotta alle Falkland- Isole Malvinas, quando l’Argentina se ne era impossessata. E’ successo trenta anni fa, ma è successo.
E non è un caso che i primi a precipitarsi da Trump sono stati con effetti diversi i premier inglese e il presidente francese. A prendere le misure.
C’è l’Atlantico di mezzo, ma il vento che spira è forte, di tempesta, e questo potrebbe anche indurre l’elettorato a rispondere di più alla chiamata alle urne. Lo spavento, la paura possono indurre a partecipare a un impegno civile che anche una elezione comunale rappresenta. E almeno questo sarebbe un segnale positivo. Comunque.