E’ difficile trovare un sostantivo che spieghi la situazione che si è creata nella sinistra in Basilicata. Qualcuno, ironicamente, (ma non tanto) suggerisce: “Sarebbe meglio che alle elezioni di aprile la minoranza perdesse a tavolino, come si fa nel calcio”. Insomma, due a zero e si ricomincia da capo con maggiore riflessione e accortezza. Non è semplice spiegare questo ginepraio. Il primo prescelto da Pd e 5Stelle, il medico Domenico Lacerenza, ha alzato presto le mani visto il can-can che si è fatto sul suo nome. Fine del campo largo? No, non si poteva fare una figura così barbina.
Arrivano gli emissari da Roma mandati da Elly Schlein, riunioni ininterrotte per ore, discussioni non proprio politicamente corrette, finché alla fine è uscita la fumata bianca: il prescelto dal “campo piccolo” sarà Piero Marrese, presidente della provincia di Matera, amico di Gianni Letta, vicinissimo alle idee del Pontefice.
Risolto il guazzabuglio? Assolutamente no, perché dal connubio lucano si sfilano sia Matteo Renzi che voterà per il candidato della destra (Vito Bardi), sia in parte Carlo Calenda che ha un diavolo per capello. Alza il tono della voce e precisa: “Da giorni sto telefonando alla Schlein, non mi risponde nemmeno”. Non è ancora finita perché si impunta anche Angelo Chiorazzo, altro candidato della sinistra sparito, il quale annuncia che correrà da solo con una propria lista.
Ora, chi andrà a votare in aprile, forse (?) avrà l’imbarazzo della scelta. Preferirà la sinistra, il centro sinistra o quale altra possibilità? Francamente, gli esponenti lucani ed anche quelli di via del Nazareno avrebbero potuto evitare questo imbroglio. Analizzare la situazione, parlare con l’uno o con l’altro dei presunti prescelti e poi dare l’annuncio ufficiale. Al contrario, Roma deve aver sottovalutato il contesto certa che il tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. Ha avuto torto, così le forze di sinistra si presenteranno dimezzate creando non poca incertezza per chi deve andare a votare.
Non è meglio rimanersene a casa vista la situazione? La risposta è no, perché in democrazia ogni scheda può essere determinante, quindi l’astensione è deprecabile. In parole semplici, nel periodo che manca alla consultazione (poco meno di un mese) dovrà essere la segretaria dei dem a riportare la calma ed a trovare un minimo di intesa fra le varie correnti che dividono il Pd pure in Basilicata. In modo più chiaro la Schlein e Giuseppe Conte dovranno smetterla di inquinare maggiormente le acque. E’ vero che anche questa consultazione fa da prodromo alle più importanti europee che si svolgeranno a giugno. Però, in quel caso non ci saranno accordi che tengano, ognuno correrà per se stesso e si renderà conto del valore che ha il suo partito.
In Basilicata non vale questo principio: i patti sono permessi e non c’è chi non veda che è da stolti litigare e dividersi. E’ il modo per favorire gli avversari che possono avere contrasti all’interno della triade, ma quando si va a votare dimostrano che il centro destra è sempre compatto. Sarebbe quindi il caso di riportare nell’alveo dell’opposizione quelle forze che hanno deciso di voltare le spalle alla sinistra.
Ad esempio, Matteo Renzi il quale ha detto chiaramente che Italia Viva darà il suo apporto a Vito Bardi; ancora Carlo Calenda che potrebbe compiere un’improvvisa giravolta. In politica, tutto è possibile, è l’arte del compromesso: gli accordi possono stringersi anche un giorno prima delle elezioni. Si potrà recuperare Renzi? Difficile, quasi impossibile, non solo perché ha già dichiarato apertamente di stare con la maggioranza, ma soprattutto perché non ha abbandonato la sua vecchia idea di dividere Forza Italia e lanciare un’opa che potrebbe essere determinante per la sua elezione a Bruxelles.
“Il presidente di Italia Viva non ha fatto i conti con noi”, rispondono in coro i seguaci di Antonio Tajani. “L’Abruzzo ha dimostrato che siamo ancora forti e lo diventeremo ancora di più”. Scompare quindi il presuntuoso progetto di Matteo? Chi lo può dire? Ormai la situazione è talmente incerta, quasi ondivaga che ogni previsione potrebbe essere clamorosamente smentita dai fatti. Da qui a giugno tutto potrebbe cambiare per una “rivoluzione” sulla quale nessuno oggi punterebbe un euro.