Elezioni in Francia, oggi il momento della verità. L’elettorato può essere un cavallo imbizzarito e quindi niente è deciso prima del voto francese.
Ma tutti i segnali convergono: il Rassemblement National, partito di maggioranza relativa al primo turno con il 33,18 per cento, al secondo richia di confermarsi come il partito di minoranza assoluta e di restare molto lontano dalla soglia dei 289 deputati, indispensabile per poter governare.
E’ giusto ? Ingiusto ? Io direi che è giusto, perché trovo ingiusto un sistema come quello inglese, in cui si può avere il 33,8 per cento dei voti e quasi il doppio dei seggi.
E troverei eccessivo che i lepenisti conquistassero la maggioranza assoluta con solo un terzo dei consensi.
E’ un’opinione come un’altra: i sistemi elettorali sono quel che sono in ogni paese e l’ultima parola, almeno nei paesi occidentali, spetta sempre agli elettori.
Ciò detto, il risultato del secondo turno elettorale transalpino sembra scritto: l’estrema destra, dicono i sondaggi, dovrebbe restare lontana dalla maggioranza assoluta.
Se così fosse, potremmo trarne una prima conclusione: la maggioranza del paese resta ostile a Marine Le Pen e ai suoi alleati.
La riedizione, sotto una forma diversa, del fronte repubblicano funziona ancora. I ritiri dei candidati arrivati in terza posizione (siano essi centristi, della destra democratica o della sinistra, anche estrema) ha trasformato il secondo turno, come in passato, in un referendum pro o contro i lepenisti.
E tutto lascia pensare che i francesi non vogliano lasciare il timone del Paese all’estrema destra.
Eppure, fino a una decina di giorni fa, Marine Le Pen e il suo giovane candidato primo ministro, Jordan Bardella, sembravano a un passo dal potere, anche perché nella coalizione di sinistra il radicale Jean-Luc Mélenchon, con il suo sospetto antisemitismo e il suo trotzkismo d’altri tempi, sembrava costituire uno spauraccho insormontabile per tutti gli elettori moderati.
Ciò nonostante, più di duecento candidati di sinistra, di centro e di destra si sono ritirati dal secondo turno per lasciar strada ai candidati in grado di sconfiggere i lepenisti.
Può sembrare un’alleanza contro natura e del resto molti macronisti sono ancora esitanti, per non parlare degli elettori della destra democratica.
Ma non bisogna dimenticare che il Rassemblement National vuole introdurre la preferenza nazionale, sopprimere il diritto del suolo (jus soli: chi nasce in Francia a 18 anni è francese) e ridurre i diritti dei cittadini che possiedono una doppia nazionalità. Tre scelte che snaturano l’essenza stessa della Francia, Paese scarsamente popolato che si è costruito nei secoli grazie all’immigrazione e al diritto del suolo.
La scelta tra Marine Le Pen, sia pur ripulita dai tanti orrori tipici dell’estrema destra, e il resto delle forze politiche sta qui. Poi c’è anche tutto il resto, come la contrapposizione tra i centri città e le zone periurbane e rurali, il contrasto tra diplomati e no, tra ceti agiati e disagiati. Ma i valori della ‘République’ sono ancora uno spartiacque.
In ogni caso, aspettiamo il voto, perché tutti questi discorsi possono essere spazzati via dal responso delle urne, anche se la campagna elettorale di Le Pen e Bardella negli ultimi giorni è stata molto blanda, come se avessero tirato i remi in barca.
Una cosa è certa: la sconfitta dell’estrema destra al secondo turno non aprirebbe la strada a una coalizione alternativa. Gli scenari su quel che potrebbe succedere sono già numerosi, ma ancora avventati. Aspettiamo i risultati e avremo occasione di riparlarne.