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Elezioni in Francia, vi spiego gli arcani del sistema francese: voti, seggi, desistenza

Passata la sorpresa, la Francia s’interroga su quel che succederà, sul rischio di paralisi del sistema politico-istituzionale, su come è stato possibile un ribaltamento dei risultati tra il primo e il secondo turno. In molti si sono chiesti come mai il Rassemblement National di Marine Le Pen abbia avuto più voti della sinistra, ma molti meno seggi. Non c’è nessun trucco e tantomeno nessuna truffa: il sistema a doppio turno ha i suoi arcani ed è bene spiegarli per spazzar via gli equivoci.

Come funziona il sistema elettorale francese

La Francia è divisa in 577 collegi elettorali, quanti sono i deputati da eleggere, e tutti i partiti possono presentarsi al primo turno, da soli o in coalizione. E’ qui che si vedono i rapporti di forza e non a caso i risultati vengono dati con le percentuali sui voti espressi e le cifre assolute dei suffragi. Gli eletti al primo turno sono sempre pochi (quest’anno 76). Sette giorni dopo possono partecipare i primi due arrivati in ogni circoscrizione e chiunque abbia ottenuto il 12,5 % dei voti calcolato non sui suffragi espressi, ma sull’insieme del corpo elettorale.

Questo apre la strada a molte triangolari e ad alcune quadrangolari, in cui basta la maggioranza relativa per essere eletti, ma anche a ritiri e alleanze. La sinistra ha ritirato 131 candidati, il centro macroniano 75, altri partiti una ventina. Ci vuol poco a capire che i lepenisti hanno ottenuto più voti semplicemente perché non hanno ritirato nessun candidato. In compenso, le distanze al centro e a sinistra sono servite a sconfiggere i rappresentanti dell’estrema destra anche in collegi in cui era in testa al primo turno.

La suddivisione dei voti

Elezioni in Francia, vi spiego gli arcani del sistema francese: voti, seggi, desistenza (foto ANSA) – Blitz quotidiano

I voti ottenuti su scala nazionale contano poco, contano i seggi. E per conquistarli, i candidati del centro e della sinistra avevano a disposizione 27-30 mila voti in ogni circoscrizione contro i 23 mila dell’Rn, spiegano i sondaggisti.
La ripartizione dei suffragi è importante come il loro numero: non dimentichiamoci che nel 2016 Hillary Clinton aveva avuto 2,86 milioni di voti più di Trump, ma grazie al sistema elettorale fu quest’ultimo ad entrare alla Casa Bianca.

Le elezioni con due turni penalizzano chi non è in grado di costruire alleanze e nessuno ha voluto allearsi con l’estrema destra, a parte i pochi repubblicani che hanno seguito Eric Ciotti, ma lo avevano già fatto il 30 giugno.
Nel primo turno, due francesi su tre non hanno votato per i lepenisti e nessuno di loro ha portato acqua al mulino xenofobo al secondo. Il problema di Marine Le Pen è che non riesce a sfondare quel soffitto di cristallo che i suoi avversari sanno far calare nei momenti decisivi.

Resta tuttavia un altro problema, attualissimo

Il sistema maggioritario a due turni ha sempre funzionato bene in un mondo politico rigidamente bipolare. Adesso che il sistema sembra dividersi in tre blocchi quasi equivalenti, trovare una maggioranza diventa difficile. Soprattutto in un paese come la Francia, che con la Quinta Repubblica ha introiettato l’idea che possano esistere solo due blocchi contrapposti e che qualsiasi compromesso equivalga a una compromissione. Eppure, tutte le repubbliche parlamentari vivono di dialogo e di coalizioni. Almeno nell’immediato, partiti, parlamentari e lo stesso Macron dovranno trovare una strada lontana dalle loro abitudini.

Giampiero Martinotti

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