
Europa di Ventotene? Mai: Meloni come Totti fa il cucchiaio e scansa le sue magagne (foto da video) - Blitzquotidiano.it
Che Europa vorremmo costruire? Ecco l’interrogativo a cui oggi e domani si porranno i capi di Stato e di Governo riuniti a Bruxelles.
Compito assai difficile visto che tutto il pianeta è in movimento e i governi sono confusi.
I ventisette Paesi dovranno confrontarsi, capire quale sarà la strada migliore per cambiare un continente vecchio e rimasto immobile per tanti anni.
Attualmente, basterebbe un veto, un solo veto a mandare all’aria un dibattito durato 48 ore. Prima decisione da prendere: abolire questo abuso che impedisce qualsiasi passo in avanti.
In Europa dopo la lite su Ventotene

L’Italia si presenta in Europa quando ancora deve leccarsi le ferite prodotte da quanto ha detto Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene. Ne ha letti alla Camera alcuni passi, due in particolare che hanno inviperito la sinistra: l’abolizione della proprietà privata e la sospensione temporanea della democrazia.
“Se questa è la vostra Europa”, ha esclamato la premier, “non è certamente la mia”. E’ successo il finimondo con il deputato Federico Fornaro che ha gridato per tre volte la parola vergogna e si è messo poi a piangere confortato e accarezzato dai suoi compagni di partito. “E’ un oltraggio alla democrazia”, ha aggiunto con la rabbia in corpo Elly Schlein.
Chi ha mai letto il Manifesto?
Non sappiamo quanti dei deputati presenti nell’aula di Montecitorio conoscessero il documento scritto 84 anni fa da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi relegati al confino da Mussolini. Qualcuno ne avrà sentito parlare e basta; altri lo avranno scorso frettolosamente; altri ancora lo conoscevano finalmente a fondo.
Si potrebbe aggiungere che il Manifesto è stato scritto in un contesto politico particolare. Forse oggi lascerebbe perplessi pure i suoi autori. Ma tant’è: all’opposizione non è parso vero l’assist che le aveva offerto la Meloni. Per ben due volte il presidente della Camera ha dovuto sospendere la seduta e soltanto a metà pomeriggio i parlamentari sono tornati in aula, mostrando di essere più quieti, ma non meno acidi.
Bisogna a questo punto affrontare il problema tenendo presente quel che stava succedendo da giorni nella maggioranza. Già a Strasburgo nella scorsa settimana si era divisa in tre: Forza Italia a favore del riarmo o difesa che dir si voglia, il partito della Meloni si era astenuto, mentre la Lega aveva pronunciato il suo no secco. Ribadito poi con forza da Matteo Salvini tornato da Varsavia e dal capogruppo Riccardo Molinari che, sorprendendo tutti, aveva esclamato : “Giorgia Meloni non ha il potere di approvare il riarmo quando sarà a Bruxelles a rappresentare l’Italia”.
Certo, anche la sinistra non aveva dato segnali di compattezza in quella circostanza: da solo il Pd si era scisso in tre tronconi mettendo con le spalle al muro la segretaria che fin da allora ha cominciato a capire che tirava una brutta aria per lei.
La Lega “disarma Meloni”, come titola stamane un giornale che più di sinistra di così non si può. Alcuni, al riguardo, ricordano una vecchia canzone di Antonello Venditti che dice come “certi amori non finiscono mai”. Quali? Quelli tra il Carroccio e i Pentastellati al governo insieme, presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Ora ci aspettiamo da Salvini che parli così anche sulla sanità e sul salario”, aggiungono ironicamente i falchi dei 5Stelle.
Tutti soddisfatti a sinistra quindi. Ma deve essere così festante l’opposizione? Qualcuno dei commentatori vicini alla destra sorride e sottolinea la furbizia di Giorgia Meloni che, forte della sua lunga militanza politica, mangia ogni giorno “pane e volpe”, come si dice a Roma. Si rende conto che la sua alleanza fa acqua da tutte le parti e potrebbe avere nuove brutte sorprese.
Allora, si comporta come Francesco Totti ad un Europeo di qualche anno fa. Doveva tirare un rigore che voleva dire vittoria in una semifinale. ”Lo tirerà a desta o a sinistra”, si chiedevano in molti. Inventò il cucchiaio sbalordendo mezzo mondo.
Perché questa reminiscenza? Giorgia Meloni aveva capito da giorni che la destra poteva avere uno scivolone pericolosissimo se si fosse ripetuto in Parlamento l’atteggiamento della Lega e la titubanza di Forza Italia.
Ecco perché si è inventato il ”veleno” del Manifesto. Se l’opposizione avesse abboccato, il dibattito si sarebbe diretto in altra direzione scongiurando un’insidia con conseguenze forse irreversibili. Vatti a fidare delle donne: ce lo consentano questo pensiero le femministe più agguerrite.