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Europa mon amour? certo mon cauchemar: mi candido o no? Schlein, Meloni, Tajani al bivio, ma Calenda ha ragione

Ancora una volta l’Europa diventa il centro di uno scontro politico tutto italiano. Non per un problema che riguardi noi e il vecchio continente.

Ad esempio, gli sbarchi dei migranti, i veti che ostinatamente pongono alcuni stati per cui ogni decisione resta al palo, le prossime elezioni per chi comanderà in futuro, insomma le alleanze che ancora sono alla ricerca di una unità ancora lontana.

Stavolta, il problema è soltanto di casa nostra con un unico interrogativo: chi si candiderà per le prossime elezioni di giugno? Il dilemma non riguarda le retrovie delle forze politiche, ma addirittura i loro leader: ci si va o non ci si va a confrontarsi per Bruxelles?

Come sempre capita nel nostro allegro Paese, le opinioni sono diverse: chi è dell’avviso di dire si, oppure no. Il primo a pronunciarsi in merito è come sempre Matteo Salvini che, con le sue inequivocabili parole, ha spiazzato il resto della comitiva: non si candiderà per le europee, ha troppo da fare in Italia. D’altronde se si accettassero i due ruoli vorrebbe dire prendere in giro la gente.

Perchè, quale dei nostri politici andrebbe a tempo pieno in Belgio se fosse impegnato anche a Roma? E’ la tesi di Carlo Calenda, il quale però temporeggia in attesa che anche i suoi colleghi si pronuncino. Insomma: non si vuol far bruciare dagli altri e si siede sulla riva del fiume con la pazienza che dovrebbe essergli d’aiuto.

Non si creda che i pareri contrastanti si svolgano in maniera tranquilla e osservando le regole del “politically correct”. No, stavolta più delle altre si va avanti in modo da non scoprirsi e favorire l’avversario. Non dimentichiamo infatti che si vota con il sistema proporzionale, ragione per cui tutti si è contro tutti. Pure un solo voto potrebbe significare molto.

Dunque, il sipario è aperto ed in scena appaiono i protagonisti: Giorgia Meloni, Elly Schlein, Antonio Tajani, Matteo Renzi ed il già citato Calenda (senza contare Giuseppe  Conte unico esponente dei 5Stelle). 

La più convinta è la segretaria del Pd che ha già deciso positivamente. Sarà la capolista del partito che guida. Non sono state poche le critiche per lei  e continuano ad esserlo, perché le altre rappresentanti dei democratici ritengono che per loro le opportunità di vincere diminuiscono fin quasi a sparire. Le preferenze, come è logico, saranno tutte per lei e viva la faccia della democrazia.

Però, la partita è ancora aperta. Per due importanti motivi: il primo è quello già paventato della delusione delle altre donne del partito che ambiscono ad avere un posto a Bruxelles; il secondo è ancora più vitale. Infatti se le elezioni per Elly dovessero andar male (esempio scendere al di sotto del venti per cento dei consensi), la sua poltrona di via del Nazareno traballerebbe ancor più di quanto lo sia adesso.

Rimane il dilemma degli altri leader, con in testa il presidente del consiglio. Se Giorgia si dovesse presentare non ci sarebbero dubbi sul suo successo, ma Forza Italia e Lega storcerebbero la bocca. Il predominio del premier (già in atto) aumenterebbe e gli scricchiolii dell’alleanza si farebbero sentire in modo assai eclatante.

Non solo, ma se l’indiscussa numero uno dei Fratelli d’Italia vincesse alla grande (circostanza più che probabile) andrebbe mai a Bruxelles avendo già i suoi mille grattacapi a Roma? Allora, anche in questo caso la prudenza non è mai troppa e si preferisce rimanere nel vago. 

Antonio Tajani sfoglia la margherita: “che dici, propendo per andarci?” I problemi sono diversi: riguardano in primo luogo Forza Italia che ha paura di fare un tonfo per essere poi costretta a rimanere nella triade con pochissima voce in capitolo. C’è di più per il ministro degli Esteri: lui ambisce a ritornare a Bruxelles magari prendendo il posto di Ursula Van der Leyen, ragione per cui se il voto non fosse più che favorevole potrebbe dire addio a questo traguardo.

Di Carlo Calenda abbiamo già scritto quale sia il suo pensiero. Rimarrebbe Matteo Renzi che è a un bivio:  partecipare e vincere oppure uscire definitivamente di scena se non dovesse superare il quorum del quattro per cento. Ecco perché è forse il più combattivo dei protagonisti: ha la speranza di sottrarre voti ai berluscones e a quei moderati del Pd che non sopportanno nella maniera più assoluta la sterzata a sinistra della Schlein. 

I giochi sono aperti in un panorama ancora in alto mare. Ecco la ragione per la quale la campagna elettorale ha già avuto inizio pur mancando molti mesi alla consultazione europea. La posta è troppo ambiziosa e difficile, quindi ogni errore, anche piccolo, potrebbe essere determinante. La militanza politica, ma pure la furbizia avranno un peso importante. Si sbaglia a scriverlo?

 

Bruno Tucci

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