Mario Draghi centra il problema dei problemi dell’Europa: la troppa burocrazia. E le troppe regole che ne riducono la capacità competitiva contro America e Cina. E lo fa in un rapporto che presenta al Parlamento Europeo martedì 17 settembre 2024.
L’Unione europea deve trovare un delicato equilibrio tra la necessità di regolamentare per proteggere i suoi cittadini e il suo ambiente e la necessità di liberare le energie imprenditoriali per rimanere competitiva sulla scena globale.
Il prossimo mandato del Parlamento europeo e della Commissione von der Leyen sarà decisivo per affrontare questa sfida e determinare se l’Europa riuscirà a mantenere la sua posizione contro le potenze americana e cinese. Draghi, già presidente della Banca centrale europea e primo ministro italiano, è stato incaricato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di presentare delle proposte sul futuro della competitività europea.
Il rapporto definisce “esistenziale” la sfida cui devono far fronte i responsabili politici e propone cambiamenti di vasta portata in numerosi settori, come un impulso “senza precedenti” agli investimenti pubblici, anche attraverso l’emissione di un nuovo debito comune dell’UE, una riforma della politica di coesione dell’UE, una revisione della politica di concorrenza e una nuova politica industriale con al centro una strategia per ridurre gli elevati prezzi dell’energia in Europa.
Sul settimanale francese Le Point, Emanuele Berretta ci va giù pesante: “Mario Draghi affronterà l’inferno delle norme” parlando davanti al Parlamento europeo, “una grande macchina per creare norme”.
L’onere normativo che grava sulle imprese europee è elevato e continua a crescere, scrive Berretta, ma l’UE non dispone di una metodologia comune per valutarlo. Questa critica, tratta dal rapporto di Mario Draghi, evidenzia non solo l’eccesso di regolamentazione, ma anche l’assenza di strumenti adeguati per valutarne l’impatto.
Il rapporto dell’ex banchiere centrale europeo si spinge oltre paragonando la produzione legislativa europea a quella degli Stati Uniti con alcuni accorgimenti metodologici: “Mentre i confronti diretti sono oscurati dai diversi sistemi politici e giuridici, sono circa 3.500 i testi di legge legislativi adottati e circa Negli Stati Uniti negli ultimi tre mandati del Congresso (2019-2024) sono state adottate 2.000 risoluzioni a livello federale. Nello stesso periodo l’UE ha adottato circa 13.000 leggi. » Queste cifre parlano da sole: nello stesso periodo l’Europa ha prodotto più del doppio degli atti legislativi rispetto agli Stati Uniti.
Nel settore digitale e dell’intelligenza artificiale, settori cruciali per il futuro economico, il rapporto evidenzia anche una potenziale eccessiva regolamentazione. “L’atteggiamento normativo dell’UE nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’UE conta oggi circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e più di 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri”, sottolinea nel suo rapporto. Questa proliferazione di leggi e regolatori potrebbe rallentare l’innovazione in un settore in cui l’Europa sta già lottando per competere con i giganti americani e cinesi.
Di fronte a questa constatazione allarmante, Mario Draghi propone soluzioni concrete. Si raccomanda in particolare “di nominare un nuovo vicepresidente della Commissione responsabile della semplificazione per razionalizzare l’acquis, adottando una metodologia unica e chiara per quantificare il costo del nuovo flusso normativo”. La proposta mira a razionalizzare l’acquis comunitario e a valutare meglio l’impatto delle nuove normative. Sappiamo già che non sarà Stéphane Séjourné a guidare la “competitività” e la “prosperità come direttore della DG Markt (mercato interno)”. “Ma la DG Markt è diventata un’enorme burocrazia”, sottolineano nei corridoi della Commissione.
Il rapporto Draghi suggerisce inoltre di “attuare pienamente l’annunciata riduzione del 25% degli obblighi di rendicontazione e di impegnarsi a ottenere un’ulteriore riduzione per le PMI fino al 50% rispettando la proporzionalità per le PMI nel diritto all’UE ed estendendola alle piccole e medie imprese. Questa raccomandazione, se attuata, potrebbe ridurre considerevolmente gli oneri amministrativi a carico delle PMI, motori essenziali dell’economia europea. Basterà un “inviato speciale” della Commissione per le PMI contro i pesi massimi del Berlaymont?
Mario Draghi suggerisce inoltre di utilizzare le nuove tecnologie per semplificare la vita alle imprese. “L’utilizzo di software basati sull’intelligenza artificiale e di dati elaborati dalle macchine può ridurre i costi di conformità e amministrazione per le PMI”.
Questi risultati e raccomandazioni del rapporto Draghi fanno eco a un tema che ha attraversato la campagna elettorale europea: il peso sempre crescente degli standard che stanno schiacciando le piccole e medie imprese. Un dato riassume la situazione: tra il 2017 e il 2022, il mondo degli affari ha dovuto assorbire più di 850 nuovi obblighi europei, ovvero dodici nuove norme al mese. Di fronte a questa valanga normativa, le PMI si sono mobilitate per creare un “test PMI” nel processo di sviluppo degli standard europei, al fine di anticiparne la fattibilità, i costi e, soprattutto, la loro necessità.
Durante la campagna, i candidati hanno proposto diversi approcci per rispondere a questa sfida. Jordan Bardella e François-Xavier Bellamy hanno adottato una posizione radicale, proponendo di eliminare alcune direttive come la CSRD e l’obbligo di vigilanza. Il presidente della RN e del gruppo Les Patriotes al Parlamento chiede una “rottura normativa” e una “strategia tricolore” per classificare e rivedere le norme esistenti.
François-Xavier Bellamy, a nome della LR, dal canto suo, stigmatizza un’Europa diventata un “Leviatano normativo” e invoca un’Europa degli “investimenti condivisi” che restituisca la libertà alle imprese. Ha sottolineato il rischio che l’Europa diventi “impotente” di fronte a settori che non comprende più.
Valérie Hayer (Renew), Raphaël Glucksmann (PS-Place publique) e Marie Toussaint (gli ecologisti) hanno invece difeso la pertinenza di alcuni testi, pur riconoscendo la necessità di adattamenti. Valérie Hayer ha ricordato gli sforzi di semplificazione già intrapresi, in particolare l’attuazione di un “test CSRD” in Francia.
Raphaël Glucksmann vedeva nel dovere di vigilanza una tutela per le imprese europee virtuose di fronte alla concorrenza sleale. Marie Toussaint, pur riconoscendo gli eccessi burocratici, ha sfumato il problema. Secondo lei “la semplificazione è auspicabile, ma non è sinonimo di deregolamentazione”.
La questione della competitività europea nei confronti dei giganti americani e cinesi è rimasta al centro dei dibattiti. Raphaël Glucksmann sottolinea la timidezza dell’Europa in materia di protezionismo commerciale: “Guardate cosa stanno facendo gli americani. Stanno affrontando l’arrivo delle auto elettriche cinesi. Di fronte a questo dumping che minaccia la loro stessa produzione, decidono di imporre un’imposta del 100% sull’ingresso nel mercato americano. I canadesi, quando devono affrontare il dumping cinese, tassano al 235%. E gli europei, dopo svolte decisionali impossibili che durano mesi e anni, il 15%…”.