Genova ama Toti? In realtà l’ appoggio massiccio di una classe dirigente imprenditoriale, professionale, sicuramente molto interessata al business , la “crema” di una società ligure frastagliata e, comunque, dominata dal 2015 dalla destra, sembra una scommessa più sul presunto modello Genova-Liguria, fatto di grandi opere, di miliardi targati PNRR, che sull’uomo Toti.
Galleggia il Toti, oggi super sostenitore della soluzione politica amministrativa civica, inarrestabile nella sua loquela da record di inaugurazioni, presenzialismo spinto, interviste a pioggia tanto da essersi meritato una descrizione molto critica, rubata a quel famoso film di Brian Di Palma, “Gli intoccabili”, nel quale il protagonista Capone- De Niro apostrofa il poliziotto impersonato da Kevin Costner con la frase minacciosa: “ Tu non sei niente sei solo chiacchiere e distintivo”, a riassumere polemicamente la sua essenza fondata sulla carica già conquistata due volte (distintivo) e sulla sua capacità irrefrenabile di comunicare (chiacchiere).
“Il politico che ha scelto di governare solo comunicando”, lo bollò una volta Claudio Burlando il suo predecessore in Regione, il suo geometrico opposto del Pd, sconfitto catastroficamente per avere scelto come concorrente, dopo avere esaurito i suoi mandati, la sua “pulzella” Raffaella Paita. Che lo strano evolversi della politica di questi tempi ha portato oggi ad essere la preferita, politicamente si intende, di Matteo Renzi in Italia Viva, dove oggi compare in Parlamento con ruoli importanti e visibilità continua.
I 630 ospiti della Villa “Lo Zerbino” sembrano non essersi posti il problema del destino di Toti nella loro corsa di partecipazione alla sua festa finanziaria. D’altra parte non c’è sulla scena nessun contendente ancora comparso in grado di lottare per strappare, nella primavera del lontano 2026, il trono regionale al centro destra. Toti o non Toti.
Il centro sinistra ha già cominciato le sue evoluzioni suicide alla ricerca di una candidatura che non c’è ancora. La segretaria Elly Schlein, che qualche debito con Genova ce l’ha, essendo stata scelta in Liguria direttamente dal partito, prima che attraverso le Primarie, a differenza che in ogni altra regine italiana, aveva indicato come candidato prossimo alle Europee Andrea Orlando, l’ex ministro Pd della Giustizia, dell’Ambiente, uomo di spicco dell’apparato di partito da decenni, un ex enfant prodige non molto popolare in Liguria, ma molto nei corridoi romani.
Candidatura perfetta per mettere a frutto il passato di questo sessantenne spezzino, un po’ sobrio, molto acuto e abile. Ma senza dire nulla il segretario regionale, un altro spezzino emerso dalla un po’ decadente classe dirigente locale del Pd, Andrea Natale, ha stroncato l’idea della Schlein, candidando Orlando nelle elezioni regionali prossime, dove Toti forse non ci sarà.
E allora è chiaro che a meno di colpi di scena il blocco di Toti incassa appieno la fiducia dell’establishment genovese, almeno di quello che resta o cambia in quel mondo imprenditoriale finanziario, professionale, un tempo terzo angolo del triangolo industriale, oggi diventato un polo fortemente interessato all’economia del mare in ogni sua declinazione.
La bandiera che sventola di più è quella civica, dopo l’esperienza felice delle precedenti elezioni amministrative, nelle quali queste liste civiche hanno sempre sbaragliato il campo a incominciare da quella che ha incoronato il sempreverde Claudio Scajola a Imperia dove sta governando da sindaco per il suo sesto o settimo mandato, attraverso la prima, la seconda e la terza Repubblica.
E’ un po’ Scajola l’inventore della ricetta civica sulla quale Toti si è buttato a pesce. L’ex ministro berlusconiano e cofondatore di Forza Italia, della quale disegnò la struttura di partito nuovo, riemerso immacolato nella sua Imperia, dopo le sue innumerevoli sventure giudiziarie, ha mostrato tutto il suo estro politico di ex dc, ex forzista, scolorando i partiti in corsa alle elezioni comunali, rifiutando addirittura le loro insegne e stravincendo ancora una volta.
Così sulla Liguria intera si è issata questa bandiera civica che sembra sventolare anche a Genova, dove un sindaco vincente come Marco Bucci, non ha mai mostrato nessuna etichetta politica, anzi se ne è ben guardato.
Va bene il civismo che probabilmente il laboratorio genovese e ligure esporterà facilmente. Ovviamente Bucci era presente in pompa magna alla cena dei 630, dove ha messo il suo marchio di sindaco che spinge la città capoluogo e al quale Toti si è abilmente agganciato.
Non c’è evento genovese nel quale il presidente della Regione non compaia, pronto a tagliare nastri e inaugurare cantieri, a proclamare i successi comuni raggiunti contro il sistema precedente.
“ Non lasceremo questa regione in mano a chi governava prima nel segno della decadenza, del pessimismo e dell’invidia” – ha detto in piedi ai suoi convitati salutandoli e ringraziandoli.
Questa è la formula con la quale il capo del centro destra liquida sia l’opposizione, sia i suoi predecessori alla testa della Liguria, Non vengono espressi concetti più articolati. E’ facile, fin troppo, davanti a una opposizione che langue nelle sue contraddizioni e che anche il sindaco all’unisono etichetta, sostenendo che sia programmata a perseguire “una decrescita felice”.
Sentenze e programmi che i 630 invitati hanno condiviso davanti al menu che i cronisti hanno diligentemente elencato: ravioli ai carciofi di Albenga, filetto con salsa di timo, bavarese al mango e cocco. E ovviamente vini rigorosamente liguri. Cin cin.
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