
nel dipinto di Caravaggio, Gesù sceglie Matteo, che di mestiere faceva il gabelliere - Blitzquotidiano.it (foto Ansa: la sala rossa del Consiglio Comunale)
A Genova non lo avevano capito: credevano di assistere a una grande contesa per scegliere il candidato sindaco che il centro sinistra schierava per riconquistare finalmente la “roccaforte rossa”.
L’aveva persa oramai da otto anni, da quando lo yankee Marco Bucci, manager genovese-americano, li aveva sconfitti piantando la bandiera del centro destra in cima a palazzo Tursi.
Credevano che trentamila voti di vantaggio, conquistati nelle ultime regionali a Genova nel settembre scorso, garantissero alle confuse truppe della sinistra-centro, schierate da Nervi a Voltri, in un campo di alleanze extralarge, dal funambolico Renzi alle pasionarie dell’AVS, la sinistra-sinistra, ai residui 5 Stelle nella terra di Grillo, all’indecifrabile Carlo Calenda, tutti insieme non appassionatamente, garantissero appunto a queste truppe una vittoria certa.
Tanti candidati a sindaco di Genova

Vedevano scorrere sullo schermo della contesa i nomi dei possibili candidati, certi, incerti, dubbiosi, reticenti, sicuri, ambiziosi, renitenti, fino a dieci, dodici, fino a sedici nomi, succedutisi nelle previsioni, un’altalena che esaltava i cronisti politici locali.
Prima il terzetto dei candidati ufficiali, tre giovani di belle speranze Pd. Il tentatreenne Federico Romeo, appena eletto consigliere regionale e ex presidente di Municipio.
L’avvocato quarantenne Alessandro Terrile, del rinomato studio Flick, amministratore delegato dell’Ente Bacini, un po’ inguaiato nello scandalo regionale che aveva toccato Mauro Vianello, il suo presidente, ex portuale e ex uomo cerniera tra le banchine e il potere terminalista.
E, infine, il più ambizioso Armando Sanna, anche lui quarantenne molto rampante, recordman di preferenze alle regionali ( 8140 voti), ex sindaco di Sant’Olcese, la patria del salame.
Pinotti è di Sampierdarena
Poi la ridda degli onorevoli, o ex, che da Roma suggerivano per superare l’impasse: Roberta Pinotti, sanpierdarenese, ex parlamentare per sette legislature, ex ministro della Difesa. Luca Pastorino, deputato Pd, sindaco di Bogliasco molto amato dalla Schlein. Financial Anna Maria Furlan, oggi parlamentare, già segretaria generale nazionale della Cisl.
Poi in scena erano entrati i civici doc, quelli da leccarsi i baffi se avessero accettato, Francesca Balzani, avvocato di gran pregio, già assessore e vice sindaco a Milano con Pisapia, eurodeputata, milanese-genovese di 58 anni.
Sara Armella, ex presidente della Fiera di Genova, super professionista in ramo fiscale. E di seguito l’ex presidente dell’Ordine degli avvocati, Luigi Cocchi, grande amministrativista.
Alcuni di questi neppure contattati, come la più scafata di tutti, Roberta Pinotti a cui nessuno ha mai chiesto nulla, come la Furlan, la ex lader sindacale, oggi in Parlamento, mai contattata, ma volgarmente usate per magari trafiggere qualcuno degli altri candidabili.
Gli spezzini non sono graditi a Genova
Poi sono tornati i cavalli di razza (si fa per dire) dello stesso Pd, a incominciare da Andrea Orlando, lo sconfitto alle regionali, che è uscito dal Parlamento per fare il leader in Liguria.
Ma è uno spezzino e quindi a Genova guai agli spezzini contro i quali non ci sono solo i proverbi e il Bracco di mezzo, la montagna che separa Genova capitale da Spezia, storica nemica.
E continuando con Simone D’Angelo, il segretario provinciale anche lui appena eletto in Regione, capo del comitato dei Dieci, che doveva presiedere alla scelta, alla fine lui stesso tirato per la giacca e per la barba che ha molto fluente, come salvatore della patria e del casino generale.
Infine la capriola più ardita, quella di offrire la candidatura a Albero Pandolfo, ex segretario particolare della Pinotti, un quarantenne educato, gentile e molto fortunato perché si era appena insediato in Parlamento al posto di Orlando, sfruttando il suo ruolo di primo dei non eletti alla Camera.
Il neo deputato sedotto e abbandonato
Ma come si fa a chiedere a un neo parlamentare, che aveva appena lasciato il suo seggio in Comune a Genova per trasferirsi a Roma, di tornare indietro?
Si fa, si fa anche questo nella contesa incredibile, fino al punto di convincere il riottoso Pandolfo, che già assaporava l’aula di Montecitorio e la politicamente rutilante atmosfera politica romana, a “mettersi a disposizione”.
Non sapevano, i genovesi residui potenziali elettori (alle ultime regionali ha votato il 50 per cento e alle Comunali parlano di un 40 per cento), che dentro e dietro a questa sfilata di nomi, rimbalzanti sui giornali e sui siti di comunicazione, ubriacati essi stessi da questo valzer vorticoso, dove l’imperativo classica
“changez la dame” risuonava più volte al giorno, c’erano manovre indicibili, lotte di consorterie, calcoli di bottega da rigattiere, di infima qualità.
Comparivano là dietro i vecchi leader in naftalina del Pd, PCI, PDS, DS, nostalgici del tempo in cui potevano urlare che loro erano in grado di nominare sindaco e farlo eleggere “il primo camionista che passa” (frase autentica pronunciata in faccia al sindaco uscente Adriano Sansa che stava per esser licenziato in tronco per “incapacità di interlocuzione con la città”).
I Claudio Burlando, che dall’ombra dirigeva il valzer con una chat molto frequentata, intitolata “Vasta”, nei cui post sostenere e far sostenere il “suo” candidato, il giovanissimo Romeo.
O i vecchi marpioni come Mario Margini, multi assessore ai tempi d’oro della Roccaforte, oggi promotore della Fondazione PCI, una vera fucina di eventi storico-politici, girata al passato ma sempre con lo sguardo in avanti, come il Mario Tullo, anche lui ex parlamentare, il più diplomatico di tutti.
E, sempre là, dietro le quinte, si consumavano le interferenze dei gruppi di potere che oramai spadroneggiano un po’ in città, inserendosi nei vuoti che i recenti sconvolgimenti hanno creato, alterando gli equilibri tra commissari in porto, commissari alle grandi opere in costruzione, battaglie per conquistare i terminal , le banchine. S
Sotto l’occhio attento, anche se lontano di Gigi Aponte, il “comandante”, che da Ginevra, sede del suo impero, non si distrae. Perché di Genova è diventato il vero governatore con la sua flotta Msc, con i milioni di croceristi che ci fa sbarcare, con i rimorchiatori, che ora sono nella sua flotta, con i terminal che possiede un po’ da solo, un po’ in società, perfino con il glorioso “Secolo XIX”, che è diventato di sua proprietà, diretto da Michele Brambilla e che per la verità segue in modo neutro, ma informato, la rumba delle candidature.
Oggi più che mai la figura del sindaco è cruciale nella città capovolta dalle grandi opere e sofferente nel porto, un po’ abbandonato, nelle infrastrutture obsolete che frenano i collegamenti con il resto del paese.
Non è un caso che i treni siano sempre in ritardo di ore, le autostrade bloccate da cantieri e incidenti, l’aeroporto una landa quasi desolata, con voli a prezzi da capogiro.
Volete che il governatore, che ha investito tanto nella ex Superba, non si preoccupi e non osservi le danze nel recinto delle candidature?
Ma tornando ai poveri genovesi, storditi e oramai anche un po’ esausti, mentre la data delle elezioni si avvicina e pare sia fissata all’11 maggio, scadenza che sfornerà il Ministero dell’Interno e che sarà a vantaggio del centro destra già in camapgna elettorale ma mesi mentre gli altri ancora devono cominciare.
Il suo candidato ce l’ha da tempo per diritto “divino” e “successorio”, nella figura di Pietro Piciocchi, l’ex vicesindaco di Bucci, oggi “reggente” e anche molto cavalcante in una campagna elettorale che lui sta macinando alla faccia dei valzer del centro sinistra.
La contesa riserva ogni giorno un capovolgimento e anche qualche diversivo perché, dopo la discesa in campo della “sinistra diffusa”, un gruppo giovani di sinistra, ovviamente stufi dell’andazzo e decisi a impugnare la contesa, è spuntata la candidatura “civica” di Filippo Biolè, un altro avvocato di ottime referenze, uno dei capi della comunità ebraica, presidente dell’Accademia Ligustica e dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo.
Questo Biolè, già sorretto da una discreta notorietà, ha annunciato che scende in campo, ma che se il candidato del centro sinistra sarà di suo gradimento, allora lui gli farà avere i suoi voti nell’ eventuale ballottaggio.
Altri capovolgimenti rullano nei movimenti civili che scuotono un po’ tutto il quadro politico. Per esempio è stato rifondato un Partito Repubblicano, che sta ovviamente nell’alveo del centro sinistra e infatti si è già confrontato non senza perplessità con i presunti “saggi” del Pd, che consultano tutti gli alleati, beccandosi prevalentemente obiezioni, se non censure secche sui nomi che fanno girare vorticosamente nella giostra sopra descritta.
Un candidato non piace perché fa parte del “giro” della ex ministra Pinotti, quindi è coinvolto nella “lobby delle armi”, l’altro non gusta perché era stato dissidente rispetto alla candidatura ufficiale nelle fatidiche elezioni del 2015 dalle quali uscì vincitore Giovani Toti, il primo picconatore della “roccaforte rossa”.
E così i Cinque stelle candidano per conto loro la ex eurodeputata Tiziana Beghin e la sinistra di Linea Condivisa mette in campo Rossella D’Acqui, donna di larga esperienza politica, a sinistra ovviamente.
La dama sconfitta nel 2015, Raffaella Paita, oggi braccio destro di Matteo Renzi, parlamentare influente e molto presente a Genova, si è pure esposta con una mozione di interesse molto forte per Genova, come se volesse presentare la sua candidatura. Ma, ahi ahi, anche la Paita, oltre che renziana, è anche spezzina e quindi……
Insomma i genovesi continuano a farsi intontire dal valzer delle candidature e dalle sorprese nella parte di centro sinistra dello schieramento. E non si sa quando il valzer si fermerà.
Allora, quando finalmente il valzer si fermerà, capiranno che questa non era una campagna elettorale, ma un concorso di bellezza perché in fondo, colpo di scena finale, dal cilindro, se era un cilindro e non un sipario o una pedana, è spuntata la candidata civica giusta, Silvia Salis, già grande atleta olimpica nel lancio del martello, dieci volte campionessa italiana, oggi vice presidente vicaria del Coni, un po’ aspirante a succedere a Malagò, moglie di Fausto Brizzi, notissimo regista televisivo, molto vicino al regno totiano della Regione, autore dei bellissimi spot sulla Liguria degli anni scorsi e figlia di Eugenio, custode del campo di atletica di villa Gentile, fedele compagno comunista, scomparso proprio nei giorni scorsi.
Salis, che è una bella tagazza di 39 anni, molto comunicativa, di fede sportiva sampdoriama (e questo potrebbe essere un handicap) si è dichiarata disponibile alla candidatura che le hanno offerto sia il king maker piddino Orlando, che il segretario provinciale D’Angelo.
Non si sa come andrà a finire nella sorpresa e nel tumulto provocata da questa candidatura.
Certo potrebbe finire non con la falce e il martello, ma con il solo martello, del quale la Salis è campionessa. Potrebbe finire, cioè, a martellate per quei sedici candidati comparsi e scomparsi sulla incredibile scena della Genova nell’anno 2025