Giorgia, basta la parola: il gioco del nome che rievoca (Giorgio) Almirante

“Basterà scrivere Giorgia sulla scheda elettorale delle europee”. Queste poche parole della Meloni  rivolte alla sua platea hanno scatenato un putiferio. Immediatamente i social se ne impossessano, diventano un “must”per fare polemica e puntare il dito contro il presidente del consiglio. “E’ un modo come un altro per imbrogliare la gente”, sostengono i più cattivi.

D’altronde non è una novità in quanto a prese in giro. Sarà sufficiente ricordare le promesse che Giorgia fece in campagna elettorale:  finite nel vuoto, dimenticate, messe a morire in un cassetto di Palazzo Chigi. Per ventiquattro ore e forse più, il dibattito non ha avuto tregua. E’ come se la Meloni avesse preso a male parole un avversario o avesse detto una bugia smentita nel giro di una manciata di secondi.

Ad un mese e mezzo dalle consultazioni europee (determinanti secondo i più), ci si azzanna per un problema di poco conto. In primo luogo, è difficile ritenerlo tale; secondariamente, sarebbe più logico che i Palazzi si interessassero di ben altro. L’inflazione, i migranti, il salario minimo, la disoccupazione giovanile. No, questi non sono argomenti che attirano la gente. In una notizia ci deve essere il sale della curiosità e, perché no, della provocazione.

Così, in un amen si “colpevolizza” l’inquilino di Palazzo Chigi per aver trovato una frase ad effetto, chiamiamola pure una pubblicità per le europee. Perchè, gli altri che cosa fanno? Fratojanni e Bonelli strumentalizzano la carcerazione di una nostra connazionale per portare acqua al loro mulino. Dimenticano Aboubakar Soumahoro e insistono. E poi ancora, quale mossa inventa Matteo Salvini? Quella di candidare il generale Roberto Vannacci, autore di un libro controcorrente che ha venduto milioni di copie. La Schlein non è da meno: ripesca Lucia Annunziata che dopo aver lasciato la Rai, aveva giurato che non si sarebbe presentata alle europee (“Chi afferma il contrario si vede che non mi conosce”) e ancora Marco Tarquino, l’ex direttore di Avvenire, contrario alla guerra ed al riarmo continuo a favore dell’Ucraina. Matteo Renzi va a braccetto con Emma Bonino (quando mai) e ritiene di aver fatto una scelta assai azzeccata. Per finire a Michele Santoro che predica soltanto la pace, neanche fosse Sua Santità Francesco Bergoglio.

In parole semplici, in questa corsa che si fa per le europee, la pubblicità diventa l’arma segreta. Però, non si tratta di vendere un frigorifero o una lavatrice o, meglio, una patatina scambiandola per l’ostia divina; adesso si tratta di convincere la platea formata da milioni di italiani con iniziative serie e concrete che possano aiutare migliaia di famiglie povere o quasi povere. Al contrario, tutto si ferma perché la Meloni si è inventata un’idea che potrebbe portarle nuovi voti aggiunti ai tanti che lei ha già.

E’ vero: i tempi sono cambiati e non si possono fare paragoni con il passato, se volete con la prima repubblica. Allora, alla vigilia di una elezione o di un altro problema di assoluta importanza, si convocavano i congressi, la platea degli iscritti poteva intervenire per trovare una soluzione che potesse aiutare la gente in difficoltà. Un Berlinguer o un Andreotti, un Moro o un Pajetta non avrebbero mai scelto un’altra via in grado di convincere gli elettori con una frase ad effetto.

Il passo avanti è indubitabile, ma a tutto c’è un limite, in specie se si tratta di risolvere situazioni delicate. Invece, scrivere solo Giorgia nella scheda delle europee, scatena un putiferio e si accusa il presidente del Consiglio. C’è addirittura chi dubita sulla scelta che diedero i genitori al suo nome. A quei tempi, fra i nostalgici, figurava Giorgio Almirante, il dominus del partito con la fiamma. Basta cambiare una vocale al nome di battesimo e il gioco è fatto. Dove siamo arrivati!

 

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Bruno Tucci