Il 9 gennaio Giorgia Meloni terrà la sua conferenza stampa di fine anno. Sarà ottimista o pessimista? Sarebbe come chiedere all’oste se il vino è buono. Affermazione giusta e sacrosanta. Allora, dovremo ricorrere ai sondaggi, anche se non pochi storceranno la bocca. “Sono di parte”, esclamano, “non ci si può fidare”. Però stavolta il riscontro è avvalorato dal fatto che tutte le maggiori statistiche hanno un denominatore comune.
In primo luogo, ci sono le conferme: sono due. Gli italiani credono (ciascuno dalla propria parte) nella premier e nella segretaria del Pd, le due donne più importanti del nostro sistema politico. Anche se una vira a destra e l’altra a sinistra, non c’è dubbio che il duo ha fatto piazza pulita degli avversari, pure se ritenuti amici.
Meloni e Schlein parlano chiaro
Perché? Parlano chiaro, usano un linguaggio che la gente non fa fatica a comprendere. L’ora del politichese è tramontata e lo sanno anche gli inquilini del Palazzo.
Quelli che sono rimasti al palo e non si sono rinnovati è perché non sanno a che santo votarsi, insomma non hanno argomenti e allora cercano un linguaggio difficile, a volte incomprensibile che indispettisce chi sta lì a leggere o ad ascoltare.
C’è stato un emblematico esempio di recente che ha mandato in tilt la cultura perché chi si rivolgeva alla platea lo faceva arrampicandosi su princìpi filosofici del tutto incomprensibili all’uomo comune.
FdI e Pd in testa nei sondaggi
Allora, le conseguenze sono che i due partiti di cui sono leader la Meloni e la Schlein non diano segni di cedimento. La premier, nonostante le critiche legittime della minoranza e le parole fuori misura di alcuni dei suoi più stretti collaboratori. “Meglio tacere”, rimprovera Giorgia. Avvertimento che non tutti hanno seguito e ne sono prova le ultime schermaglie che non hanno tenuto conto nemmeno delle feste natalizie.
Elly, invece, si deve guardare le spalle soprattutto dai suoi amici-nemici che non le danno tregua un giorno si e l’altro pure. Non sopportano la virata a sinistra della segretaria e vorrebbero un ritorno all’antico: un progressismo moderato che non si lanci verso obiettivi che non sono propri, a detta di una buona parte del Pd. Così, sia pure se in balia delle onde, le due donne della nostra politica continuano a mietere successi.
A destra Fratelli d’Italia oscilla fra il 29 e il 30 per cento; il partito democratico è distante cinque lunghezze, però non arretra come sperava chi voleva defenestrare la Schlein.
Che succede al di là di questo binomio? Le acque sono ingarbugliate e affiora una quasi certezza: quella che vede precipitare i 5Stelle e con essi Giuseppe Conte, il presidente. Colpa delle correnti che non fanno bene, ma soprattutto è stato il “duello” fra l’avvocato del popolo e Beppe Grillo a dare il colpo di grazia ai pentastellati.
Ora Giuseppi cerca di rimontare e di riprendersi quello che ha perso, ma non sarà facile, anche se ha giurato di essere dalla parte dei progressisti “senza padrone”. “Nessuno ci può dare lezioni o chiedere appoggi senza un programma ben definito”, sentenzia. Per ora, le acque ristagnano, ma le previsioni non sono favorevoli ai fedelissimi di Conte.
Sulla corsa al centro su cui tanti sperano, c’è da rilevare che al momento attuale esiste una grandissima confusione. Tutti vorrebbero una frenata e un ritorno a quella che fu la Dc, però le tante teste che si affannano dinanzi al progetto non hanno raggiunto nemmeno il più piccolo degli obiettivi che si erano prefissi. Quando ci sono tanti galli a cantare non fa mai giorno, si potrebbe pensare e forse si sarebbe nel giusto.
Detto che a sinistra l’unica a dettar legge è la Schlein, non bisogna dimenticare i due partiti che affiancano Fratelli d’Italia. Antonio Tajani gode buona salute e ha sconfitto le prefiche che presagivano il tracollo del berlusconismo dopo la morte del Cavaliere. Matteo Salvini, uscito vittorioso da un processo che lo poteva mettere K0, non perde terreno anche se sono lontani anni luce i tempi del Papeete.
Ecco, dunque, come si presenta il 2025 “l’anno delle grandi riforme”, rilancia la premier. In primis, la giustizia, poi il nuovo corso per frenare l’arrivo dei migranti che non hanno futuro; infine, il premierato e il timore dei referendum che potrebbero rappresentare la svolta dell’attuale assetto politico.