
Giorgia Meloni nel mirino dei violenti: vi spiego perché il clima di odio fa male all’Italia - Blitzquotidiano.it (foto Agi)
“Spara a Giorgia”: prima o poi c’era da aspettarselo che qualche pazzo sconsiderato estremista sarebbe arrivato a tanto.
Una scritta sulla vetrina di una banca milanese durante una manifestazione pro Palestina.
Lo si poteva prevedere visto il clima che si è creato dopo le decisioni e i marcia indietro del presidente Trump.
Per la verità anche prima, almeno nel nostro Paese, l’aria non era così limpida e la tranquillità era soltanto una speranza. La dialettica politica aveva raggiunto toni incredibili, tali da far accapponare la pelle. Non solo liti e divisioni a go-go, ma insulti, male parole ed espressioni che la stessa Vittoria Baldino, una parlamentare dei 5Stelle, ha considerato inaccettabili. Vogliamo ricordarne qualcuna avente sempre come obbiettivo la premier? “E’ il tappetino di Trump”.
Insulti diffusi contro Giorgia Meloni

Meglio: “lo scendiletto”. “Per andare alla Casa Bianca si è promossa da sola, mentre gli italiani non ne possono più”.
“Non parla perché non ha nulla da dire dinanzi allo sfascio in cui sta portando l’Italia”.
È chiaro se i “maestri del Palazzo” si possono permettere tanto, gli “allievi che manifestano” hanno la facoltà di andare ancora più in là.
Così a Milano si è arrivati al top con quelle tre parole che dovrebbero, a noi gente comune, farci riflettere, mentre chi siede in Parlamento dovrebbe vergognarsi, se non prendere cappotto e cappello e tornarsene a casa.
Non è così la democrazia
Tra le quattro mura domestiche: andare quindi a lezione di educazione civica e poi superare un esame per tornare a sedersi a Montecitorio o a Palazzo Madama.
In democrazia, deve esserci una maggioranza e una opposizione. E’ il sale della libertà di espressione scritta o orale. La prima governa, la seconda ha il compito di fare il cane da guardia nel momento in cui l’esecutivo compie errori evidenti.
Il tutto in un clima di “politically correct” che non deve essere mai dimenticato. Si può parlare contro un avversario e mettere in evidenza gli sbagli compiuti. Se volete, si può anche alzare il tono della voce e chiedere una verifica della maggioranza.
Ma le minacce e gli epiteti che abbiamo sottolineato non debbono far parte di un Paese in cui ci sono vincitori e vinti voluti dalla volontà del popolo.
Tutto questo avvilente panorama accade alla vigilia di un viaggio estremamente importante che porterà la Meloni in America per un incontro con Donald Trump. Obbiettivo della trasferta: la drammatica situazione che si è creata in Europa (e nel mondo) dopo le dichiarazioni di Trump sui dazi che potrebbero provocare un disastro vero e proprio.
La Meloni sta preparando il vis a vis con il presidente degli Stati con la calma e il buon senso (oltre alla diplomazia) necessari in momenti così difficili. L’opposizione l’accusa di rimanere in silenzio, di non mettere al corrente i parlamentari di quel che vuole proporre a Washington.
Così, partirebbe sconvolta dalle polemiche e, magari dalle parole poco pulite (eufemismo) di chi non la pensa come lei.
Il solito Matteo Renzi (alla ricerca disperata di pubblicità) dice che da Trump dovrebbe andare Mario Draghi, l’unico in grado di poter controbattere alle tesi di Donald. Con quale titolo arriverebbe alla Casa Bianca visto che non ne ha più nessuno? Ma il segretario di Italia Viva, pur di strappare un titolo sui giornali, sarebbe capace di oscurare la verità. Meglio lasciar correre, quindi.
È molto importante, invece, l’incontro che avrà domani con il numero uno della Casa Bianca, Maros Selcovic, responsabile per il commercio dell’Unione Europea.
È evidente che si discuterà dei dazi, della assoluta necessità di parlare con tutti gli esponenti del vecchio continente e non dividere le trattative in mille rivoli, tanti quanti sono i paesi europei.
Non c’e dubbio che la Meloni non solo sarà stata messa al corrente del viaggio, ma abbia avuto con Selcovic e con la Van der Leyen un colloquio per accordarsi sulle varie posizioni da prendere.
Tutte a favore di una Europa unita, mentre Giorgia Meloni dovrà pensare agli interessi dell’Italia e a ridurre i dazi fino al traguardo che lei stessa ha definito con uno zero a zero.
Un particolare non va dimenticato: la premier avrà dalla sua il parere della Standard &Poor’s (una società di ricerche finanziarie) che ha promosso a pieni voti l’Italia. Un risultato che dovrebbe farci gioire a dispetto delle prefiche che consideravano il Paese dove abitiamo sull’orlo di un burrone.