
Giuliana Sgrena: "L'omicidio di Calipari è un mistero italiano di cui si parla troppo poco" (foto ANSA) - Blitz quotidiano
“Uno dei misteri di questo Paese, una storia senza verità della quale si parla troppo poco. Un caso irrisolto per il quale nessuno ha chiesto giustizia”. Così la giornalista Giuliana Sgrena descrive al Messaggero il suo sequestro avvenuto vent’anni fa a Baghdad, e la sua drammatica liberazione che si concluse con l’omicidio dell’ufficiale del Sismi Nicola Calipari, colpito dal fuoco amico delle forze statunitensi.
Nessun processo, nessuna giustizia
Nonostante la magistratura italiana fosse riuscita a individuare i responsabili, la mancata collaborazione del Pentagono ha impedito lo svolgimento di un processo. “Questo è un altro aspetto che non permette di fare i conti con la storia: non abbiamo mai saputo perché gli americani abbiano sparato al numero due dei servizi segreti italiani” racconta Sgrena. La Cassazione ha poi stabilito il difetto di giurisdizione, confermando che il marine Mario Lozano aveva aperto il fuoco, ma non era l’unico responsabile.
La giornalista ricorda ancora quel giorno e si interroga sulle motivazioni dietro l’accaduto: “Se ci ripenso ancora oggi non riesco a trovare una motivazione. Gli americani non volevano che si trattasse con i rapitori, ma anche loro alla fine negoziavano per liberare i prigionieri Usa. E comunque questa sarebbe una motivazione molto, troppo, debole”.

Le ipotesi mai confermate
Durante l’inchiesta, era emerso il sospetto che Calipari avesse scoperto scenari più complessi legati all’organizzazione dei sequestri e ai riscatti, forse anche con la complicità di soggetti italiani. Tuttavia, non è mai stato dimostrato nulla. “Durante la trattativa – conclude la Sgrena – c’era stata anche una mediazione parallela della Croce Rossa, Maurizio Scelli aveva anche interpellato Gabriele Polo, direttore del Manifesto, ma c’erano già i contatti con Calipari, e Gabriele disse che si fidava di lui e non voleva altre interferenze. Quella mediazione parallela ha fatto ritardare la liberazione”.