Giustizia e politici per interposto figlio: il tribunale della piazza può fare danni, il giudizio solo ai giudici

Giustizia e politici, quando il rapporto è per interposto figlio o parente. L’interrogativo è sempre lo stesso.

Cosa deve fare o, meglio come si deve  comportare un uomo politico importante se un suo parente stretto (moglie, figlio, fratello, padre) ha improvisamemte  a che fare con la giustizia?

Anche se è solo indagato e gli inquirenti sono ben lontani dal sapere come andranno a finire le inchieste?

In questo caso non tutti sono attenti a prendere decisioni frettolose. A destra  come a sinistra, non ci sono sconti. L’unica cosa importante è colpevolizzare  subito chi siede a Montecitorio o a Palazzo Madama e chiederne un suo allontamento o addirittura le sue dimissioni. E’ accaduto a Aboubakar Soumahoro come al ministro del turismo Daniela Santanchè.

Non ci sono freni o verifiche della notizia anche perché la magistratura non rilascia dichiarazioni ufficiali e ci si basa quindi sulle indiscrezioni o sulle mezze frasi strappate ad un pubblico ministero. 

Ecco, allora, che si apre il dibattito politico, come se il Parlamento dovesse giudicare. Mentre invece le sentenze si emettono dopo aver acquisito prove concrete. 

Nemmeno questo ferma chi è deciso a individuare il capro espiatorio. Ed ecco, dunque, nascere il problema: dar retta a chi attacca e ti colpevolizza ogni giorno o far finta di niente ed andare avanti come se nulla fosse successo? La seconda strada è più difficile in quanto le critiche non si fermano, anzi raddoppiano.

Ricordate quel che successe all’onorevole Maurizio Lupi? Per la laurea di suo figlio un amico di famiglia regalò al giovanotto  un Rolex costosissimo. Apriti cielo: perché il ragazzo lo aveva accettato e perché il padre non si intromise restituendo l’orologio a chi aveva regalato un oggetto così dispendioso? Quali intrighi si nascondevano a proposito?

Insomma, alla fine, Lupi non ebbe più la pazienza di aspettare la conclusione delle indagini e se ne andò lasciando l’incarico. Dopo qualche settimana la magistratura riconobbe che Lupi non aveva nessuna “colpa” (se di colpa si può parlare) e l’inchiesta finì lì. Ma quale danno aveva provocato al padre di tanto figlio? La verità è che poi ci si dimentica degli errori e della leggerezza con cui vengono trattati argomenti così difficili.

Ora stiamo ai fatti più recenti. Il figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa, dopo una denuncia (che alcuni ritengono tardiva) di una ragazza lombarda viene indagato perché la giovane dice di essere stata violentata dopo una festa in casa di amici.

Succede il finimondo perché La Russa è colui che rappresenta la seconda carica dello Stato, potrebbe essere lui a sostiture Sergio Mattarella in caso di un qualsiasi impedimento. Il padre, come è naturale, difende il figlio e  sostiene  che non è vero niente e quindi le critiche e le accuse contro il ragazzo sono tutte false. “Ho parlato a lungo con lui e sono certo che il caso  finirà in una bolla di sapone”.

Chi, al contrario, sostiene La Russa ritira fuori il caso del figlio di Beppe Grillo, indagato e sotto processo per una storia identica, o quasi, a quella del giovane La Russa. Insomma, al dunque, nessuno farà un passo indietro e le polemiche finiranno solo quando le indagini saranno concluse. Forse.

Allora, ecco l’interrogativo che torna a dividere gli animi. Si o no alle dimissioni? Noi pensiamo che le colpe dei figli non debbano ricadere sui padri, e viceversa. Sarebbe bene piantarla e riprendere il discorso quando i giudici si esprimeranno. Solo quel giorno si potrà parlare e scrivere. Non adesso, perché chi difende il garantismo non può usare due pesi e due misure. 

 

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Bruno Tucci