Giustizia in Italia, lo scontro fra “toghe rosse” e politici, da Palamara a Santalucia opinioni divise. Toghe rosse o magistrati? E’proprio giunto il momento di dire basta a questa incredibile guerra tra due poteri dello Stato.
E’ come se due giocatori che militano nella stessa squadra si proponessero ogni domenica di fare gol nella propria porta.
Avviene così da tempo: ecco perché non se ne può più di questo ingiustificabile atteggiamento che danneggia il Paese in cui abitiamo. Non lo si può credere che un simile braccio di ferro continui all’infinito.
Divisioni delle carriere o no? La risposta dovrebbe essere: ognuno svolga il suo compito. I pubblici ministeri facciano gli accusatori, i giudici decidano in merito mai dimenticando la terzietà del ruolo.
Un ritornello che dovrebbe riguardare anche chi fa informazione. Il tifo delle curve in entrambe i casi è proibito.
E’ un teatrino che si ripete ogni giorno: apri la tv ed in una rete che non disdegna platealmente di guardare a sinistra siede su una poltrona Giuseppe Santalucia, il presidente dell’associazione magistrati che non si fa pregare di dire la sua.
Non c’è nulla di male: difende se stesso e chi lo ha eletto. 60 anni, da sempre nel mondo della giustizia, lui ha lavorato per diverso tempo con Andrea Orlando, l’ex Guardasigilli che non ha avuto molta fortuna nelle ultime elezioni in Liguria. Insomma, ha perso, anche se le previsioni dicevano il contrario.
Santalucia ha proprio ragione quando sostiene che “questo modo di fare politica crea un clima di inquietudine” fra i colleghi che lui rappresenta. La mancata serenità non aiuta il loro compito che viene criticato un giorno si e l’altro pure.
Ogni provvedimento viene classificato come “rosso” e naturalmente questo non fa bene ad un Paese che ha già tante gatte da pelare.
Il fatto è che anche sull’altra sponda chi opera in politica si difende e si convince che George Orwell non aveva torto quando scriveva la “Fattoria degli animali”, dove la legge era uguale per tutti, ma per alcuni era un po’ più uguale.
L’affondo è per dire che una parte della magistratura è “politicizzata al massimo” e alcune sentenze lasciano interdetti. L’ultima scena di questo teatrino ha avuto come scenario Genova e la Liguria: con un presidente della regione che viene accusato e arrestato per poi lasciare i domiciliari quando decide di dimettersi.
Oppure quando l’ormai ex giudice Luca Palamara (ugualmente di magistratura democratica) viene intercettato mentre parla al telefono con un collega e gli dice che Matteo Salvini ha ragione, ma lo si deve accusare lo stesso.
L’ultima vicenda è praticamente di questi giorni perché lo scontro è violentissimo. Alcuni migranti che erano stati trasferiti in Albania nei centri voluti dalla destra debbono fare marcia indietro ventiquattro ore più tardi perché una sentenza del tribunale di Roma dà torto a quella decisione politica.
A questo punto, la bagarre non ha più confini e le accuse e le controaccuse vanno al di là di ogni limite.
Santalucia è naturalmente dalla parte dei giudici che non debbono essere sottoposti all’autorità politica; mentre dalla sponda opposta c’è chi come Matteo Salvini alza la voce e afferma contro la platea avversaria: “Se è così che decidi e vuoi fare il comunista, togliti la toga, mettiti la camicia rossa e prova ad entrare in politica”.
Ora – lo si comprende bene – una situazione del genere non può più essere sostenibile per due poteri dello Stato che dovrebbero lavorare di concerto.
Sergio Mattarella,che come presidente della repubblica è anche il numero uno del Consiglio superiore della magistratura, deve mettere fine, con la sua autorità, a questo scontro che varca i nostri confini e arriva al resto dei Paesi europei che leggono e non usano certo parole di elogio nei confronti dell’Italia.
Si vuole continuare in questo modo, oppure sarebbe auspicabile, prendere un’altra strada per evitare conseguenze assai dannose per “la nostra Italia?”.
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