“Ho ucciso il mio cane perché non era adatto alla caccia”. Era il 2024, a campagna elettorale già iniziata, quando Kristi Noem, ex governatrice del South Dakota e attuale segretaria agli interni di Donald Trump alla Casa Bianca, fece questa confessione attraverso le pagine del suo libro “No Going Back: The Truth on What’s Wrong with Politics and How We Move America Forward”. Un episodio che avrebbe dovuto essere la prova del fatto che in politica era disposta a fare “le cose difficili, confuse e brutte”, se necessitano di essere fatte.
Kristi scese nei dettagli dell’uccisione di Cricket, il suo cane di 14 mesi. Per la governatrice l’animale non era addestrabile alla caccia. “Odiavo quel cane. Non era addestrabile ed era pericoloso per chiunque vi entrava in contatto, valeva meno di niente come cane da caccia. In quel momento ho realizzato che avrei dovuto sopprimerlo”, spiega nel libro.
Una scelta, resa pubblica, che scatenò molte polemiche bipartisan contro Noem. “E’ orribile. Un cane di 14 mesi è ancora un cucciolo e può essere addestrato. Non so chi le abbia suggerito che sarebbe stata una buona idea inserire l’uccisione di un cane di 14 mesi ma sono pronta a scommettere che le creerà problemi”, il commento di Alyssa Farah Griffin, già parte dello staff della Casa Bianca di Trump. Ma ora che Kristi Noem ha un ruolo di primo piano, la sua politica sui (mancati) diritti degli animali è destinata a far nuovamente discutere.