Che cosa succede nel Pd? In via del Nazareno c’è un sostantivo che ripetono tutti, diventato quasi una ossessione: dimissioni. I dem le vogliono a raffica: per i ministri Carlo Nordio, Daniela Santanchè e Matteo Piantedosi.
Ognuno per uno scivolone che si considera importante. In una partita di calcio, una squadra con tanti squalificati si arrenderebbe. Ed è proprio questo che vorrebbe il maggior partito dell’opposizione: evitare di guardarsi dentro e vedere quali e quante idee dividono le varie Schlein e compagni di cordata.
Il Pd abbandona il campo largo
Ormai, chi parla ancora di “campo largo” potrebbe esser preso per un soggetto che non è più in sintonia con il presente: un uomo d’altri tempi arroccato in situazioni che non esistono più.
Forse la stessa segretaria, che di questo accordo è stata la prima madrina, si rende conto che è inutile andare avanti. Si perdono pezzi giornalmente: non da parte di esponenti che hanno poca voce in capitolo.
Per ultimi, arrivano i “centrini”, capitanati da Romano Prodi e Graziano Del Rio, i quali farebbero carte false per un ritorno dell’Ulivo. Non parlano direttamente a Eddy, ma organizzano un incontro che ha il sapore di un assedio alla roccaforte di via del Nazareno.
Il colpo di grazia di Franceschini
Il Pd è troppo spostato a sinistra, bisogna recuperare i voti delle decine di migliaia di persone che il giorno delle elezioni preferiscono rimanersene a casa. Se questo non è l’Ulivo, poco ci manca.
Il sogno è quello di una vecchia Dc riverniciata di fresco: più moderna, più vicina ai giovani d’oggi, più lontana (ecco il punto) dalle velleità troppo rivoluzionarie della Schlein.
Allora? Con la pazienza di un neo Giobbe, Elly Schlein si tira su le maniche e cerca di salvare il salvabile. Però, non ha ancora letto quel che sostiene un pezzo da novanta della gestione di un tempo: quel Dario Franceschini, più volte ministro, un uomo senza dubbio carismatico, anche se oggi vive apparentemente nell’ombra. Eccola la pugnalata che affonda, servendosi di un quotidiano che ospita la sua prosa.
“L’Ulivo? Non torna più, inutile illudersi e vivere di sogni”. Insomma, è un vero e proprio addio al campo largo che, sia pure con obiettivi diversi, volevano raggiungere Giuseppe Conte e Eddy Schlein.
Franceschini sostiene l’esatto contrario: “I partiti di opposizione vadano al voto ognuno per conto suo valorizzando le proprie proposte”. Cioè a dire: diamo un calcio a chi ancora insegue un’alleanza che non c’è e non ci sarà mai.
Qualche centinaio di chilometri più a sud prende la parola Clemente Mastella, democristiano fin dalla nascita. Uomo di Ciriaco De Mita, oggi è il sindaco di Benevento, ma quando si parla di “antichità” non riesce a stare zitto. Dice:“Bisogna creare una nuova Margherita: soltanto così si può sperare di ritornare a Palazzo Chigi”.
Con chi? Con il due per cento di Matteo Renzi e Carlo Calenda che insieme non arrivano nemmeno al cinque?
Pure in Europa, per la sinistra non si vivono giorni tranquilli, perché le divisioni (non le dimissioni) sono all’ordine del giorno. La più recente ha avuto al centro del dibattito una proposta che voleva cancellare i simboli di nazismo e comunismo nell’intero territorio dell’Unione Europea.
Per carità! Come avrebbero risposto i vecchi militanti che non hanno mai dimenticato il Pci? Così, il Pd, obtorto collo, si è astenuto mentre tutte altre forze della sinistra hanno aderito all’idea.
Dunque, l’aria non è delle migliori a Roma e dintorni. In Campania, i maggiori esponenti del Pd sbugiardano Elly Schlein e sono tutti favorevoli al terzo mandato per Don Vincenzo De Luca.
Giuseppe Conte fa il progressista, ma si considera un indipendente: quindi, non un cespuglio al servizio del Pd, formato Schlein. Forse, invece che ripetere come un mantra il sostantivo dimissioni, sillabandolo per farsi comprendere meglio, i dem dovrebbero interessarsi maggiormente al loro orto, perché senza un’accurata terapia e tanta acqua, la raccolta si ridurrà ai minimi termini.