Uno scandalo di portata internazionale ha travolto Jorg Dornau, deputato regionale della Sassonia appartenente all’ala estremista dell’ultradestra tedesca, Alternative für Deutschland (AfD). Dornau, noto per le sue posizioni radicali, è al centro di accuse gravi: la sua attività imprenditoriale in Bielorussia sarebbe legata allo sfruttamento di prigionieri politici, impiegati come manodopera a basso costo.
Dornau, oltre al suo ruolo politico, gestisce un’azienda agricola nella Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, avviata in gran segreto nel 2020, durante la brutale repressione delle proteste pro-democrazia seguite alle elezioni presidenziali contestate. La sua azienda, Zybulka-Bel, situata nel distretto di Lida, a pochi chilometri dal confine con Lituania e Polonia, si è specializzata nella coltivazione di cipolle, fornite alla più grande catena di supermercati bielorussa, Evroopt.
Ciò che rende particolarmente controversa l’attività di Dornau è il contesto politico in cui opera. Mentre l’Unione Europea ha inasprito le sanzioni contro il regime di Lukashenko, Dornau ha continuato a mantenere una relazione d’affari con il governo bielorusso, violando anche le normative tedesche. La sua attività imprenditoriale in Bielorussia è stata scoperta solo nell’aprile del 2023 grazie a un’inchiesta del quotidiano Die Welt, portando il parlamento della Sassonia a multarlo per aver omesso di dichiarare i suoi interessi finanziari.
Le accuse si sono intensificate con la scoperta che Dornau avrebbe sfruttato prigionieri politici bielorussi come forza lavoro. Andrey, uno dei prigionieri che è riuscito a fuggire all’estero, ha rivelato in un’intervista a Reform.news di aver lavorato per l’azienda di Dornau dopo essere stato arrestato per aver messo “mi piace” a un post sui social media. «Veniva a trovarci, ci pagavano 5 euro al giorno e il nostro stipendio veniva versato direttamente al “Centro per l’isolamento dei delinquenti” di Lida, noto per le pratiche di tortura», ha raccontato Andrey.
Secondo le testimonianze, le condizioni di lavoro erano disumane: i prigionieri erano costretti a lavorare in un deposito sotterraneo durante il rigido inverno, senza accesso a cibo o acqua per l’intera giornata lavorativa. “Mangiavamo cipolle per sopravvivere”, ha detto Andrey. Il legame tra Dornau e il regime bielorusso sembra profondo: grazie ai suoi buoni rapporti con le autorità, ha ottenuto oltre 1.500 ettari di terreno per espandere le sue coltivazioni.
Lo scandalo ha sollevato un’ondata di indignazione sia in Germania che a livello internazionale. Dornau ha tentato di deviare l’attenzione polemizzando sui social riguardo alle spese militari tedesche, ma i suoi sforzi sono stati vani. Molti lo hanno criticato aspramente, richiamandolo alle sue responsabilità per le accuse di sfruttamento.
Il caso Dornau ha anche riacceso i riflettori sui 1.300 prigionieri politici detenuti in Bielorussia, tra cui il Premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski e figure di spicco dell’opposizione come Syarhey Tsikhanouski, marito della leader dell’opposizione in esilio Sviatlana Tsikhanouskaya, e Maria Kalesnikava, nota per aver resistito a un tentativo di deportazione distruggendo il suo passaporto. La situazione di questi prigionieri è particolarmente drammatica: Kalesnikava, ad esempio, versa in condizioni critiche, come ha dichiarato recentemente sua sorella in un appello pubblico.
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