Di chi sarà la Siria? Bella domanda. Va detto: il destino è, al momento, oscuro. Indecifrabile. Poche storie, il Paese che fu del macellaio Assad, ora è nelle mani dei tagliagole. Dalla padella alla brace? Probabile. E’ meglio non illudersi. La Siria è già un Paese dilaniato: turchi contro curdi, israeliani contro Isis. L’ipotesi peggiore sta nella ripetizione delle situazioni che si sono verificate in Iraq (2003) e in Libia (2011). Dunque il dopo Assad come il dopo Saddam o il dopo Gheddafi? Mah!
E’ vero che il nuovo padrone al Jolani ha assicurato una transazione pacifica e un futuro democratico. Ed è vero che ii suo principale azionista, il presidente turco Erdogan, ha più volte sottolineato che verrà mantenuta l’integrità territoriale del Paese. Ma è altrettanto vero che la Siria è un Paese dalle mille anime; un mosaico di etnie e fedi difficile da ricomporre. Facile che qualche tessera salti. Tanto per capirci, Ankara ha già fatto sapere che non vuole vedere curdi al tavolo in questa fase preliminare. Cominciamo bene.
Segnali in tal senso non mancano. A Damasco hanno riaperto negozi e banche. Nella mattinata di giovedì 12 dicembre il premier incaricato Bashir ha annunciato che è sua intenzione aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici del 300%. Un’ora dopo il nuovo governo siriano ha gelato tutti annunciando che Parlamento e Costituzione resteranno sospesi per tre mesi. Dal canto suo il leader dei ribelli ha promesso all’Occidente che “non ci saranno più guerre”. E poi alla prima riunione del nuovo governo è spuntata la bandiera jihadista. Poi al Jolani, tutto impettito, ha ben rimarcato: ”Con noi sviluppo e stabilità”. Davvero il lupo ha perso il vizio?
Meglio: non crede che i lupi siano diventati di colpo agnelli. E mentre i ribelli hanno il controllo del Paese, Israele si è cautelato occupando una fascia del territorio del Golan. Per carità, un controllo temporaneo della cosiddetta “zona cuscinetto” giusto alla frontiera siriana. Una occupazione che durerà “fino a che non sarà presente una nuova forza che garantisca l’applicazione dell’accordo di disimpegno del 1974”. L’ufficio di Netanyau ha avvertito: ”Israele non permetterà a gruppi jihadisti di riempire questo vuoto e di rappresentare una minaccia per gli insediamenti israeliani sulle alture del Golan, sullo stile del 7 ottobre”. La Tunisia ha “condannato fermamente le aggressioni sioniste contro i territori siriani” e il clima in Medioriente non è migliorato.
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