
Il mondo sull'orlo di una crisi di nervi. Gaza, Ucraina, Taiwan, Balcani, tutti i focolai di instabilità (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Mettiamola così: il mondo è prossimo ad una crisi di nervi. I sintomi ci sono tutti. Colpa degli equilibri geopolitici che stanno cambiando. I focolai della instabilità ne sono la causa e l’effetto. Due le figure centrali: l’aspirante autocrate Trump e lo zar Putin.
E ce n’è pure un terzo in agguato, il presidente cinese XI Jinping, segretario generale del PCC, in sella dal 2013, erede di Mao e dintorni. Siccome è saltato il coperchio in Medioriente, il finto pacioso pechinese minaccia di scatenare un terremoto nell’Indo-Pacifico.
C’è comunque da stare tranquilli? No, neanche un po’. Perché il globo terracqueo registra ovunque inquietanti crisi, perché paesi come l’America vivono una crisi di identità, perché nuovi Napoleoni crescono, perché il matrimonio Mosca-Pechino “non s’ha da fare”, come dice il tycoon, giusto come quel bravo diceva a don Abbondio, beccato durante la sua passeggiata vespertina. Al momento i focolai della instabilità che più preoccupano per la loro indecifrabilità sono i seguenti.
Groenlandia
La grande isola, territorio danese autonomo, vive un brutto momento tra aspirazioni indipendentiste e l’ombra di Trump-don Rodrigo che insiste con le sue ambizioni coloniali sull’isola. Sono andati al voto 41.000 cittadini (urne chiuse lunedì 11, ha vito il partito di opposizione di centrodestra Demokraatik che propone una indipendenza per gradi) per eleggere il nuovo Parlamento nazionale. Le schede elettorali arrivano nella capitale Nuuk da insediamenti remoti e viaggiano in barca, aereo, elicottero. Non ci sono strade.

Bosnia-Erzegovina
Nella capitale Sarajevo e nei quattro comuni limitrofi ci sono forti tensioni etniche. I disordini vanno avanti da settimane. Si teme il peggio. La NATO è impegnata a garantire la stabilità. Mica facile.
Romania
È scoppiato il “caso Georgescu”, leader della estrema destra romena escluso dalle presidenziali dopo aver vinto una tornata elettorale poi annullata lo scorso novembre. Renzi (“uno scandalo “) e Salvini (“un euro-golpe in stile sovietico”).
Israele
Netanyau ha tagliato le forniture a Gaza. La Striscia è senza elettricità. Bibi si dice “pronto a una guerra più intensa”. Nel frattempo è iniziato a Doha un nuovo round di colloqui per una tregua a Gaza, ma gli Houthi yemeniti non ci stanno ed hanno minacciato di riprendere le operazioni navali contro Israele se non sarà revocato il blocco degli aiuti alla Striscia.
Cina
La lingua batte dove il dente duole. La Cina minaccia Taiwan, il suo vecchio pallino. Pechino sta facendo esercitazioni con Russia e Iran. La flottiglia cinese è già nelle acque vicino al porto iraniano di Chabahar. Trump comunque ha detto di “ non essere per niente preoccupato perché siamo più potenti di loro”.
Siria
Il Paese è nel caos. Ci sono centinaia di corpi senza vita nelle strade. Già oltre 6.000 i civili uccisi nei massacri contro gli alawiti (comunità religiosa islamica sciita). Il popolo della Siria Occidentale continua a soffrire, i massacri sono attribuiti a milizie sunnite filogovernative.
Il presidente ad interim Jolani – 42 anni, jihadista in cravatta – in carica dalla fine di gennaio, trama dietro le quinte. A Damasco le vittime son diventate carnefici: i sostenitori di Assad costretti a lasciare le loro proprietà. E i Curdi, di fronte a tanta violenza, hanno firmato un accordo con Al Jolani. Si mette male.