È tornato a Bruxelles Supermario Draghi. Un ritorno col bazooka per strigliare la Ue. In sintesi il suo rapporto: l’Europa o cambia o muore. In altre parole: o accelera la sua competitività o precipita “in una lenta agonia “.
Ha detto proprio così, papale papale. Di più, Mario Draghi ha tuonato la sua ricetta: serve un cambio radicale per sopravvivere. Un piano da 750-800 miliardi all’anno da investire in competitività e sicurezza per colmare il divario con gli USA. E già che c’era, l’ex premier, ha anche evidenziato i rischi con la Cina.
Serve un piano Marshall per fare gli investimenti. L’appello di Draghi è un vero S.O.S, uno stimolo a cambiare passo, una sveglia per l’Unione Europea.
L’ex presidente della Banca Centrale Europea le ha cantate come 14 anni fa quando aveva detto che per salvare l’Euro bisognava fare “ tutto il necessario”. Era stato il suo “Whatever it takes“, una espressione tranciante usata durante la crisi del debito sovrano. Era il 2012.
Ora Draghi torna a tuonare visto che l’Europa è in affanno davanti alle sfide con USA e Cina. Un momento delicato per l’UE che rischia di farsi travolgere da ostilità e diffidenza.
Il rapporto di Draghi dal titolo ”Il futuro della competitività europea” è calato lunedì 9 settembre su Bruxelles come una mannaia.
E ha sciorinato la sua ricetta: è necessario un investimento quantificato in quasi 800 miliardi di euro, il doppio del famoso Piano Marshall. Un investimento superiore a quello che tra il 1948 e il 1951 era pari all’1-2% del Pil della UE. Adesso toccherà alla Commissione fare proprio o no il piano Draghi. E niente è scontato.
Mario Draghi ha evocato il famoso piano Marshall, messo in atto dagli USA; un progetto di ampia ricostruzione dei Paesi Europei devastati dalla seconda guerra mondiale.
Il piano deve il suo nome al segretario di stato statunitense George Marshall, un piano avviato nella primavera del 1948 e concluso formalmente nel giugno 1952, anche se, di fatto, terminò la propria attività circa un anno prima.
Un progetto ardito che comprendeva l’erogazione di attrezzature industriali, prodotti alimentari e materie prime. Ovviamente aveva anche scopi di influenza politica. A fine operazione gli USA hanno speso in totale 13,2 miliardi di dollari.
La Germania ha subito alzato il muro, non è d’accordo. Viceversa, Francia e Italia sono pronte ad appoggiare supermario. Tre ore dopo il rapporto Draghi, il ministro dell’economia tedesco Christian Lindner, 45 anni, paladino della austerità tedesca, ha prontamente sbottato: “La Germania non è d’accordo “.
Un paradosso eclatante se si pensa che la Germania è oggi la principale vittima delle proprie politiche di controllo della spesa. Senza dimenticare che l’analisi di Draghi era stata chiesta dalla presidente della commissione UE Ursula Von der Leyen, tedesca quanto Linder. Il rapporto Draghi rischia l’insabbiamento?