Politica

Il suicidio (non assistito) dei partiti di opposizione, Giorgia Meloni ringrazia

Il suicidio (non assistito) dei partiti di opposizione. C’è un nuovo gioco che piace molto ad una parte del Parlamento: quello della sfiducia e della richiesta di successive dimissioni di un ministro.

Prima è stata la volta di Daniela Santanchè; oggi tocca a Carlo Nordio, il guardasigilli.

La sinistra è compatta: tutti insieme, rinasce il campo largo per lo spazio di un mattino. Poi, finisce come sempre: non si trova mai un denominatore comune.

Anche stavolta, il percorso è stato lo stesso: uniti quando si tratta di dare addosso al governo o ad un esponente dello stesso per poi dividersi e darsele di santa ragione un minuto dopo.

Un suicidio politico

Il suicidio (non assistito) dei partiti di opposizione – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

Ecco fatto: il divertimento è svanito con un nulla di fatto perché mai, come in una circostanza del genere, la maggioranza si ricompatta.

Non solo, ma è la minoranza a non trovare lo straccio di un accordo. Gli ultimi due esempi: Walter Veltroni, uno storico del Pd, che attacca la Schlein adducendo i motivi di sempre: non sa ricompattare i dem.

L’altro è un personaggio ondivago che non si  riesce mai a capire dove vuole andare a parare. Come il suo ex amico Matteo Renzi con il quale ha una sola condivisione: salire, se è possibile, sul carro del vincitore. Stavolta, al buon Carlo Calenda non è piaciuta la sparata contro il ministro della giustizia e si è dissociato, mandando in frantumi il sogno proibito di Elly Schlein.

Povera segretaria dei dem: va compatita perché lei ce la mette tutta pur di trovare la quadra fra i partiti dell’opposizione, ma quando tutto sembra andare per il meglio il giocattolo si sfascia e bisogna ricominciare da capo.

I veri alleati di Giorgia Meloni

In fondo, è proprio vero: i veri alleati di Giorgia Meloni non sono Tajani e Salvini, ma i numeri uno delle altre forze che dicono si all’apparenza quando Elly li invita per poi girarsi dall’altra parte quando si tratta di concludere e di fare muro contro gli avversari.

D’altronde, che cosa si può sperare? Questa è ancora l’Italia dei campanili quando ognuno faceva e disfaceva a suo piacimento. Pensate di no? Ben, date un’occhiata a quel che è avvenuto nella rossa Toscana.

La regione ha detto si al suicidio assistito quando nel resto del Paese le opinioni sono diametralmente opposte, senza far conto (si può?) della Chiesa che non ne vuole sentir parlare.

In breve, da ieri chi vuole decidere di lasciare questo mondo, perché le sofferenze sono insopportabili (e lo si può comprendere) dovrà andarsene in Toscana perché altrimenti pochi chilometri più in là il suo desiderio non potrebbe essere esaudito.

Se la Corte Costituzionale o le Camere hanno segnato il passo dinanzi ad un problema così delicato, ci ha pensato la Toscana a rompere questo dissidio che francamente non ha capo, né coda se ci si pensa bene.

Che volete si possa  fare in questa settimana santa della Rai che ha unico obiettivo: quello di Sanremo, contro il quale non c’è niente da fare. Si debbono ascoltare le canzonette e basta o si vuole ancora una volta parlare di fascismo e antifascismo anche quando ci si trova dinanzi ad una serie di note che debbono far nascere una bella canzone.

Nemmeno il Papa ha voluto sottrarsi a questo dominio: ha inviato un messaggio nel giorno dell’inaugurazione che si può sintetizzare così: “musica e pace”. I testi sono a volte inqualificabili? Qual è il problema? L’importante è partecipare. D’altronde se in Italia si dà voce anche ad un cantante il quale afferma che l’inno di Mameli è anacronistico, poco inclusivo e quindi razzista, che cosa si può sperare?

Nulla, solo la Divina Provvidenza può venirci incontro e suggerire alle due donne più decisive della nostra politica di essere fulminate dal raziocinio in grado di riportare l’Italia nel suo alveo naturale: quello di una grande potenza scaturita, sebbene con duemila anni di ritardo, dall’Impero Romano.

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Bruno Tucci