In Italia, manifestare il proprio pensiero è pericoloso, si rischia addirittura il carcere se vai in corteo per uno sciopero sindacale. E’ questo il “sacrosanto giudizio” di certa sinistra che paventa ai quattro venti una situazione così temibile. Poi, invece, dai un’occhiata ai numeri (sui quali non si può discutere) e ti accorgi che nell’anno di grazia 2024 i raduni di protesta sono stati dodicimila, mille al mese, trenta al giorno. Allora, qualcosa non torna, si è lontani dalla realtà se non si leggono queste cifre. Di chi è la colpa? E’ l’interrogativo di fondo che bisogna studiare senza farsi travolgere dall’ideologia.
Rivolta sociale in Italia
Certamente, le parole di Maurizio Landini, il leader della Cgil, non aiutano a placare gli animi. Quando si parla di rivolta sociale o di un governo dittatoriale, c’è chi crede ciecamente a chi le pronuncia e in cuor suo medita la vendetta. La pura verità è che nei cortei (di gente assolutamente pacifica) si inseriscono elementi che vogliono lo scontro e sono lì soltanto per affrontare le forze dell’ordine e creare l’incidente.
Il dovere dei sindacati
Sono gli stessi sindacati, gli organizzatori di tali eventi, che dovrebbero intervenire o prevenire questi gesti violenti che non aiutano certamente il Paese. Invece, chi dovrebbe parlare e placare gli animi usa termini che hanno l’effetto contrario.
Le proteste si moltiplicano, in strada sono sempre più numerosi quei gruppi che marciano e gridano non per criticare una decisione del Palazzo, ma solo per provocare e cercare lo scontro con le forze dell’’ordine. E’ chiaro che le conseguenze non si possono pronosticare. E sono ancora i numeri a venirci incontro per offrire un quadro preciso della situazione.
Gli agenti che, durante l’anno in corso, sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari sono stati duecentosessanta; trentuno nell’ultimo mese. Sarebbe bene, dunque, abbassare i toni ed evitare parole e concetti che non aiutano certamente al dialogo e alla risoluzione del problema.
Ecco perché quanti sono al vertice di un sindacato – qualsiasi esso sia – debbono rendersi conto che in questa maniera non si possono raggiungere quei risultati che quelle manifestazioni si propongono. E’ lo stesso capo dello Stato a dire con chiarezza che è necessario usare termini che non valichino le norme dell’educazione e della democrazia.
Si pensa forse che concetti come la rivolta sociale (ribadita più volte da Landini) possa venire incontro ai desiderata degli iscritti al sindacato? Allora, cerchiamo di evitare decisioni come la precettazione che è l’ultimo stadio di una trattativa che vede contrapposti datori di lavoro (in questo caso lo Stato) e prestatori d’opera. Si protraggano gli incontri, le discussioni, si tentino tutte le strade che possano evitare di arrivare ad uno sciopero.
Più volte dannoso sia per chi deve usufruire di un servizio, sia per chi deve fare a meno di una giornata di stipendio niente affatto piacevole con i tempi che corrono. Il 2025 sarà un anno difficile: così ritengono politici e commentatori. Ai primi, gli italiani rivolgono un appello: bando ai litigi, alle provocazioni, alle prese di posizione contrarie che non portano a nulla.
Si faccia in modo, dunque, che non si ripetano quei numeri del 2024, l’anno che si sta avviando al tramonto. E’ questo che vuole la maggior parte della gente, lo comprendano gli uomini e le donne che abbiamo scelto per rappresentarci in Parlamento. E, con loro, i vertici di tutti i sindacati.