Era il 16 dicembre del 2014 quando Giorgia Meloni propose di abolire le Regioni.
“E poi – spiegava – c’è un’altra battaglia che noi ci vogliamo intestare: la battaglia per l’abolizione delle Regioni. Perché qui bisogna avere il coraggio di dire che il regionalismo ha fallito. Che alla fine le Regioni sono diventate soltanto dei centri di spesa formidabile che sono state utilizzate dalla partitocrazie per moltiplicare carrozzoni, consulenze, occasioni di malaffare lontano dai riflettori. Perché, diciamocela tutta, l’identità italiana non si fonda sulle Regioni. Le Regioni nascono nel 1970 come un compromesso tra il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana”.
E ancora: “L’identità italiana poggia sui comuni e noi vorremmo fare esattamente questo: vorremmo rafforzare i comuni e contemporaneamente restituire autorevolezza allo stato centrale. Tra questi due livelli di governo, noi proponiamo un solo livello intermedio che individuiamo con la nascita di 36 distretti con funzioni amministrative e non legislative. Sono 36 aree omogenee per cultura, tradizione e tessuto sociale, che sono state individuate dalla Società Geografica Italiana. Su questo progetto, che noi abbiamo già depositato, io voglio sfidare tanto il governo nazionale, che parla di macroregioni non capendo che costruisce un sistema ancora più distante dai cittadini, quanto la Lega, che si ostina a difendere un sistema palesemente fallito”.
Detto, fatto. Al governo con la Lega, la Meloni nel febbraio 2023 ha finalmente realizzato il suo sogno: l’autonomia differenziata.
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