Politica

“Italia divisa su tutto ma il riarmo ci fa venire l’orticaria”

Dunque, l’Italia dice si alla difesa comune dell’Europa, ma non vuole sentir parlare di riarmo.

Si tratta di un sostantivo che non le piace, ricorda un passato disastroso e per questo Giorgia Meloni è contraria a mandare le truppe in Ucraina. Quella parola (riarmo) sa tanto di conflitto che potrebbe allargarsi e toccare altri territori:  Dio ce ne scampi e liberi.

Si potrebbe parlare di accordo, ma la strada è lunga, perché i distinguo sono tanti. Non si debbono toccare i fondi di coesione, quelli che servono ad un riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree di un Paese.

Macron cerca un recupero

Italia divisa su tutto ma il riarmo ci fa venire l’orticaria (foto Ansa-Blitzquotidiano)

Non si deve dar retta ad un Macron (“disperato a casa sua”) il quale cerca in tutte le maniere di ritrovare quella notorietà che ora non ha più. Attacca Putin e il presidente russo gli ricorda la fine di Napoleone e del suo esercito in frettolosa ritirata dai territori dell’Urss. Macron non ci sta e insiste nel tentativo che altri stati europei lo seguano. Offre il suo ombrello nucleare, ma non ha seguito.

Giorgia Meloni è più prudente del solito: sa che il vecchio continente si trova dinanzi ad un bivio assai pericoloso e misura le parole. C’è chi ritiene che voglia fuggire dalle sue responsabilità che potrebbero costarle caro, perciò preferisce rimanere in silenzio o quasi.

Il piano di Ursula von der Leyen trova consensi in Europa, però in molti sostengono di non essere convinti da un’operazione densa di pericoli.

Così i soldati francesi o inglesi, spagnoli e italiani rimarranno dentro le mura amiche e non partiranno per Kiev: sarebbe il prodromo di una guerra che nessuno vuole.

Tutti litigano in Italia

Con molta ironia, il Manifesto di stamane ha un titolo a tutta pagina che deve far pensare: “Una e in divisa”. Che cosa ci riserva il futuro allora? Previsioni impossibili data la “rivoluzione” che sta sconvolgendo il mondo.

C’è chi pensa che siamo alla vigilia di una seconda Yalta, quando le potenze che vinsero la seconda guerra mondiale si spartirono l’Oriente e l’Occidente. Fanno paura le parole di Putin che tuona: “Non rinunceremo mai a ciò che è nostro”. Si riferisce all’Ucraina? Probabilmente si, se ricordiamo quel che avvenne tre anni fa con l’invasione russa ad una nazione sovrana.

In Europa, ci si divide dunque nonostante i buoni propositi decisi a Bruxelles. Naturalmente, questo “insegnamento” dà all’Italia lo spunto per far scoppiare l’ennesima frattura tra maggioranza e opposizione. Solo che stavolta ad essere coinvolte nella rissa non sono soltanto le forze di destra e di sinistra, ma si litiga pure tra gli stessi alleati.

Nella maggioranza, Forza Italia e Lega sono distanti chilometri. I primi dicono si a quanto deciso nella riunione dei capi di Stato e di governo; i secondi sono nettamente contrari con il solito Matteo Salvini che non si fa pregare di intervenire e di mettere in guardia i paesi del vecchio continente.

Nemmeno l’opposizione trova un accordo su quanto è avvenuto a Bruxelles: Elly Schlein  è convinta che  le linee guida dovrebbero essere diverse con gli occhi puntati sull’economia e sui bilanci in rosso che riguardano molti dei 27 paesi che fanno parte dell’Unione.  

Giuseppe Conte è ancora più scatenato e non condivide nemmeno uno dei punti concordati. E’ sempre stato contro il riarmo, figurarsi se può star zitto oggi che è stato approvato tutto ciò che lui avrebbe respinto.

Dello stesso avviso di Conte ci sono i gemelli Fratoianni e Bonelli che hanno le identiche idee dell’avvocato del popolo. Tutti di sinistra, ma con un no secco al campo largo difeso ad oltranza dalla Schlein.

Una voce discorde è quella di Pina Picierno, esponente di spicco del Pd e vice presidente del Consiglio europeo, la quale ritiene che “il riarmo è indispensabile e non  si può rimandare”.

Poteva mancare all’appello Matteo Renzi? Assolutamente no e lo fa con un libro che dovrebbe essere pubblicato a giorni. L’obbiettivo principale, pensate un po’, è Giorgia Meloni con la quale da tempo ha un conto in sospeso. Ogni suo intervento ha per protagonista in negativo la premier. Benedetto Matteo: dimentica forse che lui è passato, da presidente del Consiglio, dal trenta e forse più delle preferenze all’attuale due per cento della sua Italia Viva; mentre Giorgia ha compiuto lo stesso percorso all’inverso passando dal due al trenta per cento di oggigiorno.

Insomma, ogni tanto i nostri politici dovrebbero farsi un esame di coscienza. E’ necessario e indispensabile.

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Bruno Tucci