La Giovane Italia ovvero il Paese che abitiamo ci piacerebbe fosse quello dello spot di Poste Italiane, con il bambino che trova in soffitta la borsa del postino, unica figura ancora presente ovunque in un Paese a volte rarefatto. Con le cartoline o i francobolli, tra cui quello del 1982 con Zoff, l’italiano perbene.
Purtroppo l’Italia non è questa, unita, unitaria, affrancata dal dopoguerra. È lacera e a volte contusa, dopo il covid, che ci ha lasciato uno stato di astenia sociale. In questa frammentazione di poche idee ben confuse, ti scoppia l’ennesima crisi istituzionale, tra politica e magistratura, la stessa da trent’anni, alla vigilia delle elezioni amministrative in alcune regioni ma soprattutto in America. Soprattutto il verdetto americano, più che quello di Salvini a Palermo, influirà sullo stato dell’arte politica in Italia, ma non solo.
Italia giovane e immatura
Questa palese, debordante, poco costituzionale contesa tra due poteri dello Stato rende chiara la cifra di questa nazione/paese. L’Italia è immatura, il processo di contratto sociale tra popolo e governance, tra diritti e doveri, tra cittadini e società, è ancora troppo giovane, in fondo sono passati solo 160 anni dalla formazione di questo paese che fino allora era un’idea di poeti e romantici ribelli.
Pochi anni rispetto alla Francia carolingia, alla Spagna, all’Inghilterra del Bill of rights o della Magna Carta. Ed in questi 160 anni ci sono state due guerre mondiali ed il passaggio da monarchia a Repubblica, che forse non si è nemmeno compiuto vista la continua riproposizione del tema dell’uomo, o donna, forte.
Questa mossa albanese, la incongrua deportazione che sa di gita in barca per i giornalisti, meno per i migranti, è la classica decisione da uomo forte, in un paese che immediatamente si divide e non si unisce, in un tifo fazioso Chigi vs Magistrati o viceversa.
Mentre noi mandiamo i 16 migranti in Albania, paese che abbiamo attaccato ed occupato militarmente, il Presidente Mattarella, insieme al suo omologo di oltre adriatico, va a visitare una delle più importanti comunità di immigrati di quelle parti, Piana degli albanesi, comune siciliano “arberesche” di cinquecentesca tradizione.
Il segnale è sottile ma chiaro, di dove sta il pensiero del Capo dello Stato. Per cui la via del decreto all’Orlando furioso, altra metafora siciliana, da parte di Chigi per rimediare la querelle non sembra la più vincente.
Il rischio Corte Costituzionale
Il rischio Consulta, con bocciatura del decreto Cutro, farebbe precipitare in una crisi vera la maggioranza di governo. Meloni deve scegliere tra il farsi logorare tra conti mancanti e opposizioni striscianti, secondo il mantra andreottiano del meglio tirare a campare che tirare le cuoia, e la hybris del portarci al voto per i pieni poteri.
Sono tutte valutazioni da testosterone e ferormoni, presenti in una nazione giovane, senza senso vichiano del proprio dettato storico e comunitario, per quanto abitata in gran parte da vecchi quasi decrepiti. Tra cento anni magari queste cose i nostri figli non le vedranno più, anche perché nessuno canterà più Bella Ciao o alzerà il braccio teso. Sarà meglio? Quien sabe.