Dove è finita quella dolce lingua italiana di una volta? Piena di aggettivi, di sinonimi, di verbi irregolari, di una grammatica difficile, ma assai precisa? Si riteneva: “Per fortuna c’è il “politically correct” ad aiutarci. Nei Palazzi che contano il linguaggio sarà più moderato: niente più invettive, solo disparità di idee che verranno confortate da un dialogo degno di questo nome”
E’ successo così? Diamo un’occhiata ai quotidiani di questi giorni, poi ne discuteremo con la calma necessaria. Avviene che Pierluigi Bersani, un noto uomo politico italiano dia del coglione (scusate, non ho trovato un sinonimo) ad un generale (nel caso specifico Roberto Vannacci) e venga assolto dai giudici perché questa è libertà di espressione.
Capita che ad un primo ministro tedesco venga dato dello scemo (sic) e tutto finisce in una risata. Accade che una insegnante del liceo Foscarini di Venezia ritenga che le Frecce Tricolori siano una merda e l’affermazione finisce nel dimenticatoio in ventiquattro ore.
Succede ancora che un professore (al secolo Christian Raimo) rivolga al ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara gli epiteti di cialtrone, lurido, arrogante, “un bersaglio mobile da colpire” e immediatamente una parte politica – la sinistra – si indigni perché è stato sospeso per tre mesi e gli è stato dimezzato lo stipendio.
Un’aggiunta indispensabile: alle ultime elezioni europee il docente si era presentato per difendere il partito di Fratojanni e Bonelli. La lista è completa salvo eccezioni che ci sono sfuggite. Naturalmente chi ha vinto negli Stati Uniti è un populista, un sovranista, uno zotico, un cafone e un’immancabile fascista.
Quali conclusioni trarne? Difficile poterle elencare. Ma se poi i nostri figli o i nostri nipoti trascendano con il linguaggio non possiamo meravigliarci ed accusarli di maleducazione. L’insegnamento viene dall’alto, cioè da quelle persone che dovrebbero essere prese come esempio.
Alla faccia del modello! Le espressioni che escono dalla bocca di quei ragazzi sono il frutto del linguaggio che sentono ripetere ogni giorno se sfogliano un giornale, vedono la tv o ascoltano la radio. Il bello è che spesso il protagonista o la protagonista di tanta sgarbatezza si giudichi positivamente per aver centrato il bersaglio della pubblicità. Questo era il movente e questo è accaduto.
Se fossero ancora in vita il maestro Dante Alighieri o per essere più vicini a noi l’autore di quei Promessi Sposi considerati a ragione il caposaldo della lingua italiana, inorridirebbero. Giustamente.
Si dice, in questi giorni che rappresentano il “day after” delle elezioni americane, che i democratici hanno perso perché non hanno saputo parlare alla pancia del paese. Insomma, usando frasi e proposte che poco interessavano alla gente comune costretta a risolvere i problemi di tutti i giorni. E’ vero, non si può non essere d’accordo, ma parlare al popolo non significa insultare l’avversario con espressioni che si possono definire poco civili. La speranza è che nei Palazzi romani si rendano conto di quanto sia scadente ed offensivo il linguaggio di oggi. Cambiamo pagina per il bene di coloro che verranno dopo di noi.