La storia infinita della scuola di Pioltello e la chiesa-moschea di Monfalcone

È una storia infinita quella della scuola di Pioltello, un paese di 36 mila anime non distante da Milano. Qui, in questo centro dell’hinterland c’è una scuola che porta il nome di un ragazzo pakistano, Ikbal Masik, diventato un eroe perché è il simbolo della lotta contro il lavoro infantile.

Bene, in questo istituto il 43 per cento degli alunni è di religione islamica, ragione per cui il preside Alessandro Fonfani, insieme con tutto il Consiglio, decide che il 10 aprile le lezioni saranno sospese per poter dare la possibilità a “quei ragazzi stranieri” di poter festeggiare la fine del Ramadan, una data assai importante per gli islamici.
Nasce una polemica, i genitori degli italiani non approvano quella decisione, si recano dal preside, protestano, parlano di discriminazione. Possibile che non si trovi una via d’uscita per un problema di poca importanza? Interviene la regione, la provincia finché pare che il putiferio debba rientrare. Con un po’ di buon senso, una soluzione si troverà. Senonchè la vice preside della scuola, Maria Rendani, che difende a spada tratta l’iniziativa dell’istituto scrive una lettera molto accorata al capo dello Stato. Sergio Mattarella, prende carta e penna e risponde: “Apprezzo il lavoro del corpo docente che svolge un compito prezioso e particolarmente impegnativo”. In pratica, il presidente è dalla parte del Consiglio, mentre il ministro dell’istruzione ritiene ritiene che la polemica sia velleitaria e pretestuosa. Vuol dire essere di parere contrario al Quirinale? Assolutamente no, E’ solo stupefatto per la cagnara che si è fatta su un episodio non proprio determinante per il futuro del Paese.
A questo punto (naturalmente) il tutto sfocia in politica e come sempre in Italia l’opinione pubblica (e non solo) si divide. La sinistra è dalla parte di Mattarella, la destra ha qualche perplessità, però rimane sconcertata dalla decisione dei responsabili della scuola. Così, la disputa si trascina mentre 10 aprile non è poi lontano. Che cosa succede allora? La Ikmal Masik chiuderà quel giorno, nessun passo indietro. Quindi, è tutto rientrato nell’alveo di una necessaria serenità?
Nemmeno per sogno. Quando entra in ballo la politica, non si finisce mai di litigare. Ecco allora Matteo Salvini (sempre lui) intervenire a gamba tesa sull’episodio. E’ contrario alla chiusura, ma sposta il problema su un altro binario. Se è questa la situazione delle scuole in alcune parti del Paese, bisognerà trovare una soluzione. Quale? Quella di limitare il numero dei ragazzi islamici che dovranno essere non più del venti per cento negli istituti di ogni ordine e grado. Si ricomincia da capo? Niente affatto, le porte della scuola quel giorno rimarranno sbarrate. Però, noi crediamo che la bagarre poteva essere evitata solo se ci si fosse serviti di una maggiore razionalità. Ad esempio: perché non sono stati ascoltati i genitori di quel sessanta per cento di ragazzi che non sono islamici? Per quale ragione si è voluta prendere una decisione così repentina quando invece si doveva usare il buon senso che non avrebbe provocato nessuna reazione?
L’integrazione – così decidendo – tarderà ad arrivare. Le dispute e le differenzazioni aumenteranno invece che diminuire. Una dimostrazione? Eccola servita su un piatto d’argento. A Monfalcone, in provincia di Gorizia, un sacerdote ha “prestato” l’oratorio ai musulmani per farli pregare. “Vadano nei loro luoghi sacri” ripete la maggioranza della popolazione”. Con una “unione” che va a farsi benedire. Si cercherà di cambiare strada?

 

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Bruno Tucci