
L'articolo del direttore dell'Atlantic
Il direttore della rivista The Atlantic Jeffrey Goldberg si è ritrovato accidentalmente incluso in una chat operativa riservata, creata per coordinare un attacco contro gli Houthi nello Yemen. A rivelarlo è stato lui stesso in un articolo pubblicato sulla sua rivista. “Il 15 marzo – è l’incipit dell’articolo – il mondo ha scoperto che gli Stati Uniti stavano bombardando obiettivi Houthi. Io, invece, lo sapevo già due ore prima. Il motivo? Il segretario della Difesa, Pete Hegseth, mi aveva inviato un messaggio con il piano di guerra alle 11:44. Il documento includeva dettagli su armi, obiettivi e tempistiche dell’attacco”.
L’invito su Signal
Pochi giorni prima, l’11 marzo, Goldberg aveva ricevuto una richiesta di connessione su Signal da un utente identificato come Michael Waltz. Supponendo si trattasse del consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora presidente Donald Trump, il giornalista ha accettato il contatto. Tuttavia, conoscendo i rapporti tesi tra l’amministrazione Trump e la stampa, non poteva credere che Waltz volesse davvero condividere con lui informazioni così sensibili.
Due giorni dopo, il 13 marzo, Goldberg è stato aggiunto a un gruppo Signal chiamato “Houthi PC small group”, un nome che suggeriva la partecipazione di alti funzionari della sicurezza nazionale. “Non ero mai stato invitato a una riunione del Principals Committee della Casa Bianca. E di certo non mi aspettavo che venisse convocato su un’app di messaggistica commerciale”, ha ironizzato il giornalista. Il Principals Committee è solitamente composto dai vertici della sicurezza nazionale, inclusi i segretari della Difesa, dello Stato e del Tesoro, oltre al direttore della CIA.
La discussione nel gruppo
All’interno della chat, figure identificate con nomi di politici e alti funzionari statunitensi discutevano apertamente della strategia contro gli Houthi. Il presunto JD Vance (il vicepresidente degli Stati Uniti) esprimeva dubbi sulla tempistica dell’attacco, temendo ripercussioni economiche e la possibilità di favorire troppo l’Europa. “Odio dover salvare di nuovo l’Europa”, avrebbe scritto Vance, sottolineando la distanza tra l’amministrazione Trump e i Paesi europei. A quel punto, un utente identificato come Pete Hegseth ha risposto con toni ancora più duri: “Condivido il tuo odio per il parassita europeo. È patetico. Ma siamo gli unici che possono farlo”.
Un altro utente, SM (forse Stephen Miller), ribadiva la necessità di ottenere un ritorno economico per gli Stati Uniti in cambio della protezione delle rotte marittime.
L’incredibile conferma
Inizialmente scettico, Goldberg ha iniziato a notare che il linguaggio e i contenuti della conversazione sembravano autentici. Ma la svolta è arrivata il 15 marzo, quando ha ricevuto un messaggio con i dettagli precisi dell’attacco imminente: “L’aggiornamento includeva informazioni operative precise: obiettivi, armi impiegate e la sequenza dell’attacco. Se fosse stato letto da un avversario degli Stati Uniti, avrebbe potuto mettere a rischio il personale militare e di intelligence”. Alle 13:45, come previsto nel messaggio, le esplosioni hanno iniziato a scuotere la capitale yemenita, Sanaa.
A quel punto, Goldberg ha abbandonato la chat e contattato immediatamente il governo. Il Consiglio di sicurezza nazionale e la Casa Bianca hanno poi confermato l’autenticità dei messaggi. Resta però il mistero su come e perché un giornalista sia finito in una conversazione governativa così delicata.