Quando ascolti con attenzione gli interventi di Renzi (dovunque essi siano), le reazioni possono essere due: sorridere o piangere.
La prima, perché Matteo è un uomo intelligente e scaltro. La sua prosa quasi ti avvolge perché ha sempre un guizzo che gli altri politici non hanno.
Con la seconda si prova una profonda tristezza perché lui le sta provando tutte per rientrare nel grande giro degli uomini che contano.
L’ultimo discorso di Renzi
Prendiamo ad esempio il suo ultimo discorso: chiama camerata il presidente del Senato che di cognome fa La Russa. Sorride, si diverte, dice di essere felice quando lo attaccano da destra o da sinistra. E’ verità ? Assolutamente no, perché quando chi vota non gli dà più del due per cento di preferenze significa che sei alla frutta.
Eppure, non si dà per vinto: le sta provando tutte per tornare in auge. Un referendum perso non può essere causa di un tracollo.
Strizza l’occhio a Giorgia e Elly
Che fare allora? Dapprima ondeggia: fa l’occhiolino alla Meloni e alla Schlein per convincerle che sta dalla loro parte. Però, l’ambiguità , sia pure in politica che è l’arte del compromesso, non paga.
Allora bisogna decidersi. Creare una nuova forza di centro (un seguito della Dc) che forse gli italiani inseguono per vivere in tranquillità senza le liti e le aggressioni verbali quotidiane?
E’un’idea che lo convince. Così, si guarda intorno, ritiene che con Carlo Calenda si può trovare un accordo ed i due si abbracciano più per la platea che per convinzione.
Può nascere un movimento quando i galli a cantare sono due e ognuno dei due vuole essere il primo della classe? Il tentativo dura lo spazio di un mattino: prima sottobanco, poi esplode con clamore e la finta alleanza si sfascia.
Da allora in poi, Renzi le ha provate tutte senza successo. E’ tornato a giocare a pallone (un suo vecchio pallino) nel tentativo di abbracciare la Schlein dopo un gol fra l’altro annullato.
Qual era il marchingegno che voleva provare? Tentare di riequilibrare il Pd, portato troppo a sinistra da Elly. In questo modo, sarebbero rientrati i molti voti dei moderati che non avevano gradito la virata a sinistra della segretaria di via del Nazareno.
Ecco fatto: in quel ruolo Matteo ci si rivedeva perché in fondo era un vecchio militante del Pd e chi avrebbe potuto contrastarlo? Molti, tanti perché nemmeno i dem di un tempo si fidavano più di lui. Non lo aveva previsto e si era verificato un altro flop.
Ora quali sono i suoi progetti? Ecco il motivo per il quale le lacrime scendono e bagnano il viso dei fedelissimi che non vogliono lasciarlo pensando con convinzione ad  un grande rientro.
Lo scenario del pianto è quello di Palazzo Madama, dove ha sede il Senato.  Quando parla Matteo lo fa con scioltezza, sorride, ma in cuor suo lo stato d’animo è diverso. Battibecca con il camerata Ignazio La Russa che presiede la seduta.
Poi l’affondo: non un attacco contro gli avversari che lo rifiutano, ma una difesa ad oltranza per se stesso. Giorgia Meloni e il suo esecutivo hanno approvato una legge ad hoc contro di lui che andava in giro per il mondo distribuendo lezioni in paesi non proprio vicini.
Quegli interventi sono proibiti: da oggi in poi chi siede in Parlamento non li potrà più fare anche se le tasse su quegli emolumenti vengono regolarmente pagate.
E’ un intervento che poco importa all’assemblea, anzi lo ritiene inutile e fuori posto in un giorno in cui si deve approvare la manovra.
Renzi è all’angolo? Pare proprio di si. Che altro si potrà inventare? Ecco perché oggi ci si commuove: Matteo è stato premier, aveva una maggioranza del quaranta per cento, quasi plebiscitaria. Ora naviga nell’oblio e i suoi elettori si riducono a vista d’occhio.