Luigi Li Gotti è l’avvocato che ha presentato una denuncia alla premier per il caso Almasri. In un’intervista su La Stampa pubblicata oggi, Li Gotti spiega: “Liberare il generale Almasri è una scelta peggiore di quella di Trump. Il presidente americano ha incatenato i migranti, noi abbiamo scarcerato un boia”.
L’ex politico e avvocato, riguardo al caso del generale libico Almasri, ha denunciato non solo la Meloni, ma anche i ministri coinvolti. E ora risponde agli attacchi del centrodestra: “Come cittadino mi sono sentito ingannato”, prosegue, “L’Italia ha liberato un boia. E sono state dette innumerevoli bugie”. Come ad esempio “che non eravamo stati informati”.
La premier l’ha attaccato pubblicamente definendolo un ex politico di sinistra vicino a Prodi. “Sono stato sottosegretario alla Giustizia dal 2006 al 2008 con il governo Prodi”, chiarisce. Li Gotti è stato però anche militante dell’Msi (lo stesso partito in cui ha militato una giovanissima Giorgia Meloni ndr). “Noi eravamo della corrente di sinistra, ci rifacevamo a un parlamentare dell’Msi che era Luigi Filosa”, dice.
La premier ha detto che la decisione di scarcerare il generale è stata dei giudici romani, ma, secondo Li Gotti, “sa benissimo che non è così. Perché prima che la magistratura intervenisse, avevano già preparato un aereo?”, chiede.
In un’altra intervista, questa volta rilasciata a Radio 24, Li Gotti spiega di non aver fatto una scelta politica nel presentare la denuncia: “Ho fatto una scelta giudiziaria. Da comune cittadino, non posso chiedere dimissioni. Ho visto aspetti di possibile reità e ho fatto una denuncia, doverosa”.
Alla domanda se dietro l’iniziativa ci sia Romano Prodi, nel cui governo è stato sottosegretario, l’avvocato ha risposto: “Non ci ho mai parlato in vita mia con Prodi. Io rispondo alla mia coscienza”.
Quanto all’accusa di aver difeso mafiosi, “ho fatto diverse cose, tra cui anche la difesa di collaboratori di giustizia. Fu Falcone a chiedermi se ero disposto ad assumere la difesa di Francesco Marino Mannoia perché era rimasto senza difesa, e io per dovere deontologico ho accettato”, ha replicato Li Gotti, ricordando tra le sue difese quella dei familiari dei carabinieri uccisi in via Fani, delle vittime di Piazza Fontana e della famiglia Calabresi.